un viaggio

Come tutti, in Italia, nasco cristiano. Anzi, cattolico. Nell'Italia del 1953 nascere cattolici era l'assoluta normalità. Il concetto di libertà religiosa era ancora quasi del tutto sconosciuto, pochi erano quelli che nascevano in famiglie con fedi diverse. Meno ancora quelli che, da adulti, cambiavano la fede di appartenenza ereditata dalla famiglia di origine.

Nasco cattolico, figlio unico di una madre vedova e molto, molto credente.

Mia mamma è una donna straordinaria, la cui vita meriterebbe di essere raccontata. Basti dire che, nata in una famiglia molto povera, il padre emigrato in Argentina e poi scomparso, si trovò a dover seguire la madre quando questa andò a Catania a cercare lavoro. Mia nonna faceva la cuoca e la governante nelle famiglie dei ricchi catanesi. E mia mamma, bambina, faceva la damina di compagnia della figlia dei signori. Come molti, aveva smesso di studiare in terza elementare. Ma la sua passione per la cultura faceva si che lei seguisse con famelica attenzione gli studi della bambina svogliata figlia dei padroni. Per farla breve, a 20 mia mamma ricominciò a studiare, nottetempo, mentre di giorno lavorava. E a 30 anni si laureò in Lingue Straniere. Il tutto mentre la guerra devastava il nostro paese. Mia mamma, a suo modo rivoluzionaria, fu la prima donna del suo paese a laurearsi. E lo fece di forza, quasi contro la volontà di sua madre che faceva enormemente fatica a tirare su lei ed altri 3 figli con il suo lavoro di cuoca e governante. Eppure, questa donna forte e quasi rivoluzionaria, porta in se un tale senso di rispetto dell'autorità e della tradizione da non riuscire neanche ad immaginare una scelta religiosa diversa rispetto a quella che le è stata consegnata da sua madre e dalla cultura in cui è nata e cresciuta. Quando morì mio padre, io avevo 3 anni, mia mamma attraversò un breve periodo di sconfrorto e di ribellione religiosa. Ma poi, umilmente, chinò il capo e disse "Sia fatta la Tua volontà".

E anche adesso, nelle nostre eterne discussioni sui vari aspetti della religione che io non riesco ad accettare, lei lotta tetragona, inossidabile, per difendere l'ortodossia delle sue convinzioni, contro ogni critica, contro ogni evidenza.

Nasco quindi cattolico, figlio di questa mamma cattolica a tutto tondo. Non che la nostra religione fosse vissuta in maniera molto attiva. Mia mamma, rimasta vedova, lavorava letteralmente dalla mattina alla sera. Insegnava francese al mattino a scuola, il pomeriggio alle lezioni private a casa, la sera alla scuola serale. La religione era un sottofondo discreto, una preghiera prima di dormire, la messa la domenica. Era una presenza silenziosa, una sicurezza di fondo.

Ricordo che un'estate a Cannes feci amicizia con Gerard, un bambino parigino. Eravamo sempre insieme, ed infine mia madre fece amicizia con i suoi genitori, entrambi insegnanti universitari. Questi si sentirono in dovere di dirci "E' bene sappiate che noi siamo di religione ebraica". Mia mamma rispose che la cosa per noi non aveva alcun peso. Ma poi, quando restammo soli, dovette spiegarmi cosa vuol dire "di religione ebraica". E per me fu uno shock scoprire che qualcuno poteva mettere in discussione l'esistenza o quanto meno la divinità del Cristo.  Avevo 6, forse 8 anni. Da quel momento iniziai a pensare che credere non fosse un "dato", ma il risultato di un processo mentale, culturale. Una scelta.

Dagli 8 ai 16 anni andai a vivere in un collegio nelle marche. Mia mamma era troppo impegnata con il lavoro, ed io trovai una comunità fondata e finanziata dal Ministero dell'Interno, dedicata ai figli di poliziotti morti in servizio. E curata dai Fratelli delle scuole Cristiane. Un bel posto, a Fermo (AP).

Li subì un altro colpo la mia monolitica struttura religiosa. Entrammo in contatto con una meravigliosa famiglia marchigiana, che accolse me e mia madre come se fossimo sempre stati di famiglia. Quando mia mamma veniva a trovarmi in collegio eravamo sempre loro ospiti a pranzo. E qualcuno di loro veniva sempre a trovarmi la domenica, portandomi sempre qualcosa. Un dolce. Un'uovo da bere. Ma (c'è sempre un "ma", vero?) erano comunisti. Altra idea strana, da digerire. Di politica non ne sapevo proprio niente. Sapevo che mia mamma votava Democrazia Cristiana. E che loro, in qualche modo, erano "dall'altra parte". Ma, soprattutto, erano ATEI. E buoni. E gentili. Insomma, era possibile essere diversi senza essere cattivi.

Iniziari a farmi molte, molte domande. Soprattutto chiacchierando con uno di loro, quando veniva a trovarmi la domenica. Gli facevo delle domande, ricevevo delle risposte che mi sembravano sensate.

Poi, nel 1969, il ritorno a milano, a casa. Gli ultimi due anni di liceo dai Gesuiti, al Leone XIII. L'incontro-scontro con una realtà diversa, i "ricchi". Per me erano alieni, parlavano di cose aliene. Avevano moto, maglioncini belli, scarpe con il fiocco. E soprattutto per la prima volta mi sono reso conto che c'erano ragazzi che davano importanza alle "cose", ai vestiti di un certo tipo. Mi sono reso conto che per qualcuno era "importante" poter vestire in un certo modo, poter fare certe cose. Per me erano davvero alieni. A parte alcuni, pochi, con cui feci amicizia. Parlavano d'altro. Parlavano di politica, di destra e sinistra. Facevano volontariato, li seguii in quartieri disastrati a fare doposcuola ai bambini abbandonati per strada.

Iniziai a farmi domande religiose e politiche.

Religiose.

Mille perchè. Il primo pilastro a cadere fu quello della creazione. La narrazione biblica della genesi, che fino a quel punto era stata un dato, adesso diventava un racconto incredibile.  Inconciliabile con le nostre conoscenze scientifiche.  Ma allora? Se era possibile mettere in discussione la genesi, perché non applicare lo stesso metodo a tutto il resto della proposta biblica ed evangelica?

Era il 1970, la contestazione stava devastando le nostre certezze. Tutto veniva messo in discussione, soprattutto le convinzioni religiose, politiche e culturali legate all'establishment. Volevamo fare piazza pulita del vecchio, per fare spazio al nuovo.

Le domande aumentarono.

La scienza ci propone un punto di vista diverso sulla genesi, l'ipotesi di un universo che, con il big bang e l'evoluzione, si è "fatto da se".

Perché no?

E poi l'origine del peccato, il paradiso terrestre, il "litigio" iniziale. Perché questo Dio avrebbe dovuto essere così iracondo? Perché avrebbe dovuto prendersela tanto per la nostra voglia di "essere"? Dov'è la misericordia di un Dio che crea l'uomo intelligente ma poi pretende che non mangi il frutto della Conoscenza? E che, in seguito a questa disobbiedenza, condanna l'Uomo e tutta la sua discendenza ad una vita di dolore, malattie, privazioni, stenti, morte?

No, c'era decisamente qualcosa di profondamente sbagliato. Negli stessi presupposti della religione ebraica prima ancora che cristiana.

E poi.

E poi Cristo.

Immaginavo un Dio. Misericordioso, mi dicevano. Ma non tanto da accettare il desiderio di sapere delle sue creature "predilette". Tanto da cacciarle dal paradiso terrestre, da condannare alla sofferenza loro e tutta la loro discendenza. Non male per un Dio sedicente misericordioso.

E poi? E poi questo Dio, preso dalla sua infinta misericordia, decide di fare pace con l'Uomo. E che modo si inventa per fare pace? Per perdonare l'Uomo? Noi avremmo banalmente pensato ad un atto di miserdia normale. Magari un po' plateale, come nel suo stile. Una luce che scende dal cielo, un rombo di tuono, un cespuglio che brucia, un mare che si apre. E una voce che dice "Uomini, vi ho perdonato".

Invece no.

Invece si inventa di mandare sulla terra il suo figlio unigenito, a farsi massacrare in modo atroce proprio da quegli uomini che voleva perdonare.

E' plausibile una cosa così?

La mia distanza dalla religione dei padri si era fatta incolmabile.

Poi, in tarda età, l'incontro con il buddismo.

Un incontro casuale, con la Soka Gakkai, una variante giapponese del buddismo importata in Italia e seguita da due mie amiche. Ho iniziato a segure le loro riunioni, con interesse, ma con scarsa convinzione. Sentivo che la mia strada era altro.

Finché ho trovato, a Milano, il Monastero Zen Il Cerchio. Nel frattempo avevo letto, molto in ritardo, Siddartha, Lo zen e il tiro con l'arco,  ed alcuni altri libri sul buddismo.

Il mio carattere superficiale e i casi della vita mi hanno impedito di continuare attivamente su quella strada. Ho interrotto la pratica della meditazione, lo yoga e l'apprendimento del massaggio shiatzu che avevo iniziato al Monastero.

Ma sento, comunque, di aver trovato una strada molto più adatta al mio sentire.

 

 

 

Ultimo aggiornamento Mercoledì 18 Aprile 2012 07:45