25 agosto 2007

Il Qualunquista

Oggi niente argomenti ecologici, niente auto elettriche, niente cogenerazione. Solo la difficoltà di vivere in Italia.
Ieri sono andato a fare la spesa. Giravo con il mio carrello nel supermercato ancora semivuoto.
C'era un vecchio, uno di quelli che vanno al supermercato per raccontare a qualcuno come si stave meglio una volta.
Aveva beccato una coppia di signori e li aveva inchiodati con i suoi ricordi:
"I vent'anni più belli della mia vita, signora! Si lavorava duro, ma tutto funzionava alla perfezione. Ogni volta che avevo bisogno di qualcosa, sapevo dove trovarlo o cosa fare per ottenerlo!.
Arieccolo, ho pensato. Il solito nostalgico del Ventennio. Quello del "si stava meglio quando si stava peggio!"
Se fosse stato per me, signora, sarei rimasto li. Sono tornato per i miei figli. Ma le assicuro che in Svezia è tutta un'altra vita! La corruzione e la criminalità sono ridotte al minimo, le pensioni funzionano. In vent'anni di lavoro in Svezia ho accumulato mille euro di pensione che adesso ricevo in Italia, senza ritardi. Ed ho solo dovuto comunicare il mio cambio di indirizzo
A questo punto mi sono allontanato. Avevo già sentito troppo.

E per completare il quadro del qualunquista, ecco il contenuto di una lettera arrivata oggi sul Blog di Beppe Grillo:
“Ho appena lasciato Roma e mi trovo nel centro di Copenhagen. Qui esco e trovo piste ciclabili ovunque; i miei bambini giocano da soli sotto casa in un giardino con altalene e campo di calcio. Guardo le statistiche sul crimine e non si parla di criminalità organizzata: non esiste.
E anche la corruzione praticamente non c'è. Ascolto le proposte di riforma del welfare del Partito socialdemocratico danese, tra l'altro guidato da una donna quarantenne, e scopro che tra le sue 72 idee concretissime c'è quella di garantire una doccia al giorno agli anziani negli ospizi. In Italia non siamo neanche arrivati ad assicurare l'ospizio pubblico agli anziani, che intanto continuano ad aumentare.
Ci sono più di duemila chilometri tra Roma e Copenhagen, e la distanza si sente. Innanzitutto in termini di pubblica amministrazione. Vado all'anagrafe per iscrivere la famiglia: facciamo la fila con i numeretti, ci sono penne per tutti, il personale parla inglese e così anche mio marito, che è italiano, può capire. Dopo mezz'ora è fatta. Il giorno stesso scopro che la mia banca ha già cambiato il mio indirizzo nel suo archivio, che evidentemente è collegato con quello dell'anagrafe.
In mezz'ora ottengo il permesso per parcheggiare per sei mesi sotto casa. Risultato: poca burocrazia, poche seccature. Non sorprende che i miei colleghi danesi mi abbiano fatto sempre la stessa domanda in tutti questi anni, quando cercavo di raccontargli l'Italia: “Perché? Perché la mafia? Perché la corruzione? Perché le crisi di governo? Perché Berlusconi?””
L. D.

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