24 aprile 2009

Santoro, canone RAI e informazione.

Da anni sento ripetere questa litania: "non è giusto che questa gente faccia un uso crimonoso della televisione pubblica, pagata con i soldi dei cittadini, per attaccare tutto e tutti".
L'uso "criminoso" consiste nell'avere idee diverse ripetto all'attuale mainstream governativo, nel dire le cose che altri preferiscono tacere, nel dar voce a chi altrimenti sarebbe condannato al silenzio.
Dice letteralmente Berlusconi: "L'uso criminoso di una televisione pubblica pagata con i mezzi di tutti consiste nell'attaccare gli avversari senza dare a questi avversari la possibilità di una replica, cosa che Santoro continua impunemente a fare anche adesso".
Ci si ripara dietro il dito dell'equilibrio, dicendo che non si dovrebbero fare trasmissioni a senso unico senza contraddittorio.
Come se ogni trasmissione, in se, dovesse realizzare l'equilibrio e rappresentare per ogni argomento tutte le possibili versioni, interpretazioni e valutazioni. E' chiaro che l'osservatore prevenuto avrà sempre da discutere sul fatto che la scelta degli invitati è stata pilotata e non suffientemente rappresentativa di tutte le posizioni, che non a tutti sono stati dati gli stessi tempi, che il montaggio delle immagini televisive era fatto ad arte per indurre nel telespettatore un certo tipo di convinzione, e via elencando quei trucchetti televisivi che ormai conosciamo tutti. E' chiaro che il conduttore televisivo finisce per riversare una parte delle sue convinzioni nel prodotto televisivo.
In questo tipo di argomentazioni ci si riferisce alla gente che paga il canone come ad un unicum, un tutt'uno monolitico. Dimenticando che la gente che paga il canone sarà, come gli elettori, divisa a metà fra destra e sinistra. Alcuni gradiscono i programmi filogovernativi stile Vespa, altri gradiscono programmi di informazione meno allineata, stile Santoro.
Non si capisce perchè gli uni debbano cedere il posto agli altri. I dati di ascolto della trasmissione di Santoro hanno superato il 20%, dato che pare essere eccezionale.
Sappiamo tutti che non vale l'equazione share=qualità, altrimenti dovremmo dire che trasmissioni come il grande fratello, che superano spesso il 25%, sono quelle di maggior qualità.
Ma qui non è in ballo la qualità delle trasmissioni. E' in ballo il diritto di chi paga il canone a veder rappresentate anche le proprie idee e le proprie istanze.
Non si capisce perchè il fatto di pagare gli stipendi di gente come Santoro con soldi pubblici dovrebbe portare alla limitazione della loro libertà di espressione. E soprattutto alla limitazione della mia libertà di telespettatore di vedere anche quel che mi propone Santoro. A me le trasmissioni di Santoro piacciono, mi piace Report della Gabbanelli, mi piace in genere il giornalismo di inchiesta e la riflessione politica. E vorrei avere il diritto di vedere in televisione quel che piace a me e a tanti altri, come documentato dall'Auditel.
La RAI, in quanto TV pubblica, dovrebbe rappresentare le posizioni di tutti coloro che pagano il canone.
A meno che si preferisca un modello di TV pubblica asettica, senza confronto delle idee, tesa ad essere esclusivamente portavoce del governo. Soprattutto quando il governo è di una certa parte.
Sia chiaro, non siamo verginelle. Sappiamo benissimo che la tv pubblica, come tutto il sistema dell'informazione, è attraversata da tremende lotte di potere politico e finanziario. E nessuno è davvero innocente rispetto a queste lotte, a destra come a sinistra.
Ma teorizzare il fatto che tutte le voci dissonanti debbano essere soffocate grazie al fatto che "vengono pagate con i soldi dei contribuenti" mi pare davvero antidemocratico.

Recentemente, in occasione del terremoto a l'Aquila, Santoro è stato aspramente criticato per aver rotto il fronte dell'unanimismo, del volemose bbene, del tutto va ben madama la marchesa. Ha dato voce agli scontenti. A chi, a torto o a ragione, non era soddisfatto della tempestività degli interventi, dell'organizzazione e quant'altro.
Si può essere o meno d'accordo sulla scelta, sull'opportunità. Qualcuno, anche fra i miei amici, dice che nel momento del bisogno occorre stare uniti ed evitare le polemiche. Non voglio entrare in questo tipo di valutazioni.
Resta il fatto che a molti italiani, cittadini, telespettatori, quel taglio di trasmissione è parso adeguato. E questi italiani, cittadini e telespettatori (io fra di loro) hanno il diritto di veder rispettate le loro opinioni ed i loro gusti televisivi. Proprio perchè pagano il canone.

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