25 aprile

E’ appena passato il 25 aprile, eterna fonte di polemiche in questo nostro paese sempre diviso in due parti.  Almeno in due parti.

Tempo fa forse avrei potuto dire “diviso a metà”. E, anzi, ricordo tempi in cui la torta era divisa in modo diverso, e la giornata del 25 aprile mobilitava folle ed emozioni in proporzioni decisamente diverse.

Oggi ho l’impressione che le proporzioni siano cambiate, e che sia prevalente un senso di disinteresse, di stanchezza, di noia. Cheppalle il 25 aprile!

No, non la penso così. Resto dell’idea che non si debba dimenticare.

C’è chi dice “basta con questa divisione fra fascisti e antifascisti! Sono cose passate, bisogna guardare avanti, superare questa divisione”. E sarebbe come dire che occorre perdere la memoria, dimenticare la storia. 

Per inciso, c’è anche chi dice la stessa cosa per la giornata della memoria. Dicono, anche in questo caso, che si tratta di fatti ormai passati.

No, non si deve dimenticare. Non si devono dimenticare i campi di concentramento e non si deve dimenticare il giorno in cui finalmente siamo usciti da un’epoca buia.

Lo so, lo so. Ci son quelli che dicono che l’epoca del fascismo non era poi così buia. E che Mussolini “ha fatto anche cose buone”. E via con l’elenco delle “cose buone del fascismo”: le pensioni, la tredicesima, le bonifiche e via elencando luoghi comuni per lo pù infondati. 

Sulle “cose buone del fascismo” si può discutere a lungo, e chi vuole può leggere in questo post qualcosa a riguardo. Ma prima mi preme sottolineare un punto sul quale comunque non ci può essere discussione, sono fatti incontrovertibili.

Il fascismo era una dittatura illiberale. Censura sulla stampa, sull’informazione. Divieto di manifestazione, di associazione. Estromissione dalle funzioni pubbliche di chiunque non fosse iscritto al partito. Persecuzione fisica degli oppositori e degli ebrei. Impossibilità di scegliere i propri rappresentanti ed amministratori a qualsiasi livello. Molti di coloro che oggi guardano con nostalgia a quel periodo oggi sarebbero i primi a finire sotto il maglio della repressione. Usano oggi una libertà di critica che a quel tempo avrebbe significato carcere e persecuzioni di ogni tipo. 

Ma, dicono, la rinuncia alle libertà borghesi era un prezzo ben misero rispetto ai grandi vantaggi che il fascismo offriva ai cittadini. E, a sostegno di questa affermazione, ripetono a memoria l’elenco delle cose buone del fascismo. 

Ma vale davvero la pena di svendere la propria libertà per una lista di vantaggi materiali? 

Si, lo so, vi sento obiettare che mai come sotto il fascimo l’Italia era rispettata, studiata, ammirata in tutto il mondo. E gli italiani erano, solo allora, orgogliosi di essere italiani. Facile rispondere che molto dipendeva dall’abile gestione dei processi di comunicazione. Il governo controllava in modo rigoroso la macchina della comunicazione e del consenso, fornendo anche all’estero l’immagine di una nazione forte, organizzata, produttiva. Quanto di quest’immagine fosse reale e quanto frutto invece di una abile orchestrazione mediatica è compito su cui si sono cimentati gli storici di ogni tendenza.

Resta il fatto che repressione, carcere e persecuzioni non erano un’opinione. Erano la realtà di ogni giorno per chi voleva esprimere il proprio parere fuori dal coro. O, banalmente, per chi aveva subito il fato di nascere ebreo. 

E, soprattutto, le sorti della nazione erano nelle mani di una persona sola. Questo succedeva in Italia, in Germania, in Russia e nei satelliti dell’Est. E in tutti questi posti il tributo di sangue, di reperessione e di persecuzione è stato terribile.

Questo vuol dire 25 aprile. Vuol dire ricordare che la libertà è, come ha detto giustamente il PdR Mattarella, un bene assoluto. Svendere la propria libertà in cambio di vane promesse di stabilità e benessere significa preparare la strada a persecuzioni, repressioni, discriminazioni e sofferenze. E’ questa mia una affermazione arbitraria? No, onestamente penso di no. Chi pensa il contrario mi faccia il nome di una dittatura che non sia finita nel sangue, che non abbia oppresso e perseguitato proprio quel popolo che pretendeva di difendere. Nessuna dittatura di quelle passate, alla resa dei conti, può superare questo semplice filtro. Tutte hanno limitato le libertà personali, hanno perseguitato, incarcerato, ucciso gli oppositori e non solo quelli. Partite, forse, con buone intenzioni, sono tutte finite in un bagno di sangue. Tutte, qualunque fosse la matrice politica iniziale.

Le democrazie sono imperfette. Il potere economico le condiziona pesantemente, la corruzione le devasta. L’inefficienza le inchioda pesantemente a terra, rendendo difficile il lavoro di chi vorrebbe produrre ricchezza per se e per gli altri. 

Ma viviamo in un mondo imperfetto, specchio di noi esseri umani schiavi delle nostre egoistiche pulsioni. La democrazia è il miglior antidoto a queste imperfezioni. Un antidoto imperfetto, ma la storia dell’uomo, soprattutto quella recente, non registra esperienze riuscite che non siano finite nel dolore sangue. 

Nella democrazia, per quanto imperfetta, ci scegliamo in qualche modo i nostri rappresentanti. Li votiamo. Certo, i centri di potere fanno di tutto per piegare la democrazia, per snaturarla, per condizionarla. Ci impongono candidati che non ci piacciono. Liste bloccate, candidati paracadutati. Quelli che da qualche tempo vengono chiamati “poteri forti” (i poteri o sono forti o non vale la pena di citarli) fanno di tutto per piegare le democrazie ai loro interessi. Ovvio. Ma quale sarebbe, allora, l’alternativa?

Oggi, aprile 2019, vedo molti invocare l’arrivo dell’uomo forte, dell’uomo della provvidenza, di colui con con mano ferma sappia prendere il timone e portare il nostro paese verso un luminoso futuro. E invocano Salvini a piena voce, come i loro padri e nonni invocavano il nome del duce. 

Ma chi sceglie l’uomo forte? E con quale meccanismo? Mussolini, tanto per restare in Italia, è stato scelto dalla democrazia. Da quel poco di storia che ricordo, è arrivato in parlamento nel maggio 1921 . Discorso analogo per Hitler, che entrò nel  Reichstag nel 1930. 

Ma oggi, 25 aprile 2019, quale sarebbe la proposta politica di coloro che hanno in odio la democrazia e che invocano l’arrivo di un dittatore? Come propongono di effettuare la selezione? Vinca il più forte? Si veda al proposito come Stalin, il più forte, vinse la lotta per il potere contro  Trockij, Zinov’ev, Kamenev e Bucharin. E si valutino le conseguenze di questa vittoria del più forte.

Signori, la democrazia vi fa schifo, sognate che qualcuno (non certo voi, che preferite le calde poltrone) entri in parlamento con la forza e mandi all’altro mondo qualche parlamentare a casa. Ma cosa proponete in concreto, in alternativa a questa imperfetta democrazia?

Il 25 aprile questo è: la memoria di un periodo in cui, in Italia e altrove, la demorazia era stata offuscata e vilipesa di chi aveva preso il potere con la forza, con la forza aveva ridotto al silenzio e poi eliminato chiunque dissentisse dal pensiero unico. E con la forza aveva portato la nazione alla rovina.

Oggi protestate contro questo stanco 25 aprile.  Ma se lo potete fare è solo perché un 25 aprile c’è stato. 

Dimenticavo:

Molti vivono con fastidio questa data perché “de sinistra”. Ma è una scusa miserabile. Il 25 aprile è la festa dell’uscita da un tunnel di disperazione. E la festeggiano tutti, per lo meno quelli che non hanno nostalgie fasciste. Loro avrebbero probabilmente preferito che l’esito della guerra fosse stato un altro. Si mettano l’animo in pace.  Oppure attendano che l’oblio dilagante, l’ignoranza, la perdita del senso della storia, finiscano per svuotare questa ricorrenza. Quanti dei nostri giovani sanno, almeno per sommi capi, cos’è successo 74 anni fa?

Poi ci sono le sterili polemiche sul fatto che i partigiani si siano addossati il merito di una guerra vinta da altri, che il loro contributo alla disfatta di fascisti e nazisti sia stato irrilevante. E che a causa loro siano stati uccisi dai nazifasi numerosi civili innocenti. La storia si divide nella valutazione di alcune azioni violente nei confronti dei nazisti, le valutazioni non sono univoche e chissà se si arriverà mai ad un bilancio sereno. Certo è strano pensare di restarsene buonini buonini a casa mentre un esercito occupante mette a ferro e fuoco il nostro paese, razziando e uccidendo. Ci saranno state, certo, strategie politiche in tutto questo, in vista della spartizione del potere dopo la fine della guerra. Ma resta il fatto che non so quanti di quelli che oggi danno fiato alle trombe contro il 25 aprile sarebbero rimasti buoni e calmi a vedere i nazisti  e i fascisti spadroneggiare ancora con violenza e brutalità. O forse si, forse sarebbero rimasti rintanati in casa come topi. O, magari, sarebbero stati loro dalla parte dei fascisti. 

E infine, il 25 aprile non è il Santo Graal, non è la reliquia che guarisce tutti i mali. I cretini ci sono sempre anche quel giorno. I cretini che fischiano i partigiani ebrei, quelli che (è successo!) fischiano la Moratti e suo padre in carrozzella. Ci sono i cretini che si sentono padroni ed unici eredi del 25 aprile. Questo nulla toglie al significato di questa data.