OpenVPN server con Minirouter gl-inet GL-MT300N-V2

Finalmente ho trovato cosa fare con il minirouter GL-MT300N-V2 che ho acquistato già un anno fa. E’ comodissimo per creare una rete wifi dove c’è solo un attacco LAN con il cavo. Ma può anche essere usato come OpenVPN client, per collegarsi ad una qualsiasi VPN commerciale o personale. E, nel mio caso, come OpenVPN server, per creare una VPN sulla mia rete casalinga. 

Non sto qui a spiegarvi nel dettaglio cos’è una VPN, in rete trovate tutte le spiegazioni possibili. In estrema sintesi le VPN vengono usate per due scopi. Uno molto tecnico, vi consente di entrare “da fuori” in una qualche rete in cui siete ben accetti. Un esempio? Entrare, quando siete a casa o in viaggio, nella vostra rete aziendale, e poter quindi accedere a server, stampanti e quant’altro. O accedere, da “fuori”, alla vostra rete casalinga, per poter prelevare files dal vostro NAS o per accedere alla vostra Home Automation senza dover passare dai servizi cloud delle varie aziende. E’ una connessione protetta da una crittografia molto spinta, il che dovrebbe mettervi al riparo da brutte sorprese tipo hacker che si insinuano nella vostra rete aziendale o casalinga. 

L’altro tipico utilizzo della VPN commerciali è quello di creare un tunnel che vi permetta di arrivare dall’altra parte del mondo, per superare le limitazioni geografiche che molti fornitori di informazione pongono a chi vuole accedere ai loro contenuti. Esempio? Voglio vedere un programma RAI quando sono all’estero. Il più delle volte una schermata maligna mi dice “Non puoi accedere a questo contenuto da fuori Italia”. Ma se usi una VPN che ti fa “sbucare” in Italia, il server della RAI penserà che tu sia in Italia e ti farà accedere al contenuto. Con queste VPN puoi scegliere la tua “nazionalità fittizia” e quindi accedere ai contenuti del paese desiderato. 

Fine del pistolotto iniziale, vediamo adesso come ho installato la mia VPN.

Il punto di partenza è la mia rete casalinga su ADSL (!!!!) TIM e router Fritz!Box 7390. 

Quando scarti il TM300 devi procurarti un alimentatore USB. Io l’ho attaccato alla porta USB del Fritz. Attacchi anche il cavo di rete fra la porta WAN del TM300 e una delle porte LAN del tuo router. Se non hai una porta libera puoi anche andare via WiFi, ma chiaramente la velocità poi ne risente. 

Una volta acceso il TM300 cerca sul tuo PC la rete WiFi GL-MT300N-V2 e collegati. La password iniziale è goodlife, poi penserai a modificarla. 

Entra ora nella pagina web a indirizzo 192.168.8.1 e vai alla sezione INTERNET

Se vorrai collegarti al tuo router via WiFi dovrai selezionare la tua rete (scan) e collegarti. 

A questo punto apri la sezione OpenVPN Server

fai click su “generate a configuration file“, e ti si apre una pagina di parametri che puoi tranquillamente lasciare come sono:

Fai click su “Export Configuration” e salva da qualche parte il file “Client.ovpn” che ti servirà dopo sul tuo client. 

Salvata la configurazione puoi fare click su Start. Parte il server OpenVPN, e da questa parte abbiamo finito.

Ora dipende da come sei messo con l’indirizzo IP pubblico. La VPN necessita di un indirizzo pubblico statico, altrimenti il client non sa a che indirizzo venire a trovare il server. Solitamente i fornitori danno ai router un indirizzo che può cambiare di quando in quando. Per il server OpenVPN serve invece un indirizzo pubblico che non cambi mai. Devi quindi chiedere al tuo fornitore di servizi un indirizzo IP pubblico STATICO. Fastweb, ad esempio, te lo da gratis in poco tempo. Altri fornitori te lo danno a pagamento e ti fanno penare. Un’altra soluzione e quella del DDNS. Ossia un servizio (gratis o a pagamento) che provvede lui a generare un nome di dominio che corrisponde al tuo indirizzo IP Pubblico. E provvede lui ad aggiornare il collegamento quando l’indirizzo IP pubblico cambia. Il nome di dominio invece resta uguale, tipo “pincopallo.ns0.it“. Io uso il servizio gratuito DynDNS.it che ha l’unica noia di richiedere la conferma ogni mese. Ma funziona e quindi va bene. 

Quindi ricapitolando: se hai un IP pubblico statico sei a cavallo. 

Se non ce l’hai hai due soluzioni: (1) lo chiedi al tuo provider (2) usi un DDNS.

Per me vale la seconda opzione.

Nel primo caso, il tuo file “Client.ovpn” generato in precedenza è già pronto per essere installato sul client.

Nel secondo caso invece devi aprirlo con il notepad e cambiare la riga 4, quella che dice qualcosa come: 

remote 80.123.123.123 1194

Quello che vedi fra la parola “remote” e il numero “1194” è il tuo indirizzo IP pubblico. Lo puoi verificare andando sul sito myipaddress.com e visualizzando il tuo indirizzo IP pubblico. 

Se avrai correttamente attivato il tuo servizio DDNS, dovrai sostituire l’indirizzo IP pubblico con il tuo nome dominio, qualcosa come:

remote pincopallo.ns0.it 1194

Salvi il file ed è pronto per essere installato sul client OpenVPN.

Ora passiamo al router. Occorre aprire la porta 1194 (quella usata per OpenVPN) all’indirizzo IP del MT300 nella tua rete interna. 

Ogni router ha le sue modalità, non si può quindi fare una procedura generale. Vediamola per il Fritz!Box 7390

Prima di tutto occorre scoprire quale indirizzo IP corrisponde al MT300. Si va sulla pagina Schema rete domestica e si cerca il dispositivo GL-MT300N-V2-ed1 e si prende nota del suo indirizzo IP (nel mio caso 192.178.1.66). 

Sarebbe anche cosa buona editare la voce e imporre che al dispositivo venga sempre assegnato lo stesso indirizzo IP 

A questo punto aprire la sezione Internet – Abilitazioni e fare click su “Aggiungi dispositivo per abilitazioni”. Scegliere il nostro GL-MT300. 

Aggiungere poi una nuova abilitazione che chiameremo OpenVPN

Nei dettagli della nuova abilitazione scegliere il protocollo UDP e le porte da 1194 a 1194, con porta esterna 1194. In questo modo il solo traffico UDP attraverso la porta 1194 verrà abilitato a raggiungere solamente il nostro dispositivo. 

Il nostro router è ora pronto ad indirizzare il traffico OpenVPN al nostro dispositivo, sulla porta 1194. 

Non resta che installare sul nostro PC il client OpenVPN che si trova sul sito dei download di OpenVPN. E quindi avviare il client OpenVPN e importare il file Client.ovpn preparato in precedenza. 

Una volta avviata la connessione il nostro PC, da qualsiasi parte nel mondo, potrà collegarsi alla nostra rete domestica o aziendale.

 

 

 

 

Il 5G è un pericolo?

Della tecnologia 5G se ne parla tanto, e non sempre correttamente. 

Alcune persone o associazioni hanno deciso che il 5G, lo standard più avanzato per i telefoni cellulari, è un pericolo da combattere. 

Proviamo a ragionarci sopra, ma prima dobbiamo mettere le basi, chiarire alcuni concetti, altrimenti rischiamo di fare dei discorsi campati per aria. Ci vuole un po’ di pazienza per capire bene le cose.

In questo articolo non voglio cercare di cambiare le idee di nessuno. La mia intenzione è solo quella di offrire il punto di vista di un tecnico, di uno che ha studiato queste materie e ci ha lavorato per quarant’anni. Gli elementi tecnici base per capirci qualcosa di più li troverete qui, poi ognuno si farà la sua idea. 

Premetto che l’articolo è lunghetto. D’altra parte è indirizzato soprattutto a chi non ha competenze specifiche ma assume posizioni critiche. E’ possibile criticare senza sapere? Dire “non voglio il 5G” senza neanche sapere di che cosa si tratta è un atteggiamento (assunto da molti) poco razionale. Oggi, purtroppo, va di moda prendere posizioni “contro” anche senza conoscere veramente le cose. Io resto dell’idea di Luigi Einaudi: occorre conoscere per deliberare

ONDE RADIO

Viviamo immersi nelle onde radio. La luce è un caso estremo di onda radio naturale, e la luce ci dà la vita. Ma da quando Marconi ha inventato la radio, ci sono altre onde radio di origine artificiale, ovunque. Vediamo le applicazioni che conosciamo meglio:

La Televisione.

 

 

 

 

Le immagini televisive partono come onde radio dall’antennone che le trasmette e arrivano fino all’antenna sul tetto. Mentre gli apparecchi TV che abbiamo a casa hanno dei livelli di emissione EM irrisori, le antenne centrali invece usano potenze molto alte, dell’ordine di qualche decina o centinaia di kW, per coprire un ampio territorio. Vengono solitamente posizionate in posti molto alti, colline o montagne. A volte in cima ai grattacieli. 

Le radio dei pompieri, ambulanze, polizia, tram, treni, quasi tutti i servizi pubblici

Le radio dei sevizi pubblici sono collegate alle centrali di comunicazione tramite onde radio. Stessa cosa per gli aerei. Sia le trasmittenti dei mezzi mobili che quelle delle centrali utilizzano potenze che vanno dai 5 W alle decine o centinaia di W per le centrali. 

I walkie Talkie

I walkie talkie, sia quelli dei bambini che quelli professionali comunicano fra di loro tramite onde radio. Hanno emissioni che vanno dai pochi mW per i giocattoli per bambini fino a 5 o 10W per le applicazioni professionali.

Il RADAR degli aerei

I radar che controllano la sicurezza degli aeroplani utilizzano onde radio nel campo delle microonde. Indipendentemente dalla potenza della trasmissione, la forma a parabola dell’antenna concentra l’emissione in direzione degli aerei, quindi difficilmente può avere un impatto nei confronti delle persone a terra.

I CELLUARI ALL’APERTO

Quando siamo fuori casa i nostri cellulari funzionano collegandosi alle famose antenne dei cellulari, quelle che ci fanno sempre tanta paura. Le potenze in gioco sono variabili in base al numero di utenti e all’area da coprire. Si va da pochi mW per celle molto piccole a migliaia di W per impianti che devono coprire vaste aree. 

I CELLULARI A CASA

Quando invece siamo a casa i nostri cellulari si collegano al router WiFi di casa, almeno per quanto riguarda l’accesso a internet. Per legge i router per uso casalingo (indoor) possono avere potenza fino a 100mW, quindi molto limitata. 

E potrei sicuramente andare avanti per molto, ma penso che si sia capito il significato. Ormai non c’è posto al mondo che non sia inondato da onde radio generate dalle varie apparecchiature che in un modo o nell’altro ci aiutano a vivere meglio, più comodi, più sicuri. Può piacere o non piacere, ma provate a pensare cosa sarebbe oggi la nostra vita senza TV, Radio, WiFi e senza la sicurezza delle varie applicazioni pubbliche (Ambulanze, Pompieri, Polizia, Treni, Navi, Aerei) che si basano sulla radio per le loro comunicazioni. Neanche il navigatore della nostra auto potrebbe funzionare senza le onde radio dei satelliti del GPS. 

Per andare avanti quindi dobbiamo essere d’accordo su una cosa: le onde radio ci servono. Neanche nella maggior parte dei villaggi africani si fa a meno della radio. Anzi, più un posto è isolato più ha bisogno della radio per collegarsi al resto del mondo.

Entriamo un po’ nel dettaglio e parliamo quindi delle onde radio, e di due particolari aspetti che accomunano TUTTE le onde radio: frequenza e potenza. 

Partiamo da qualcosa che conosciamo bene: il suono. Immaginate due persone che parlano, un uomo con la voce molto grave e una donna con la voce molto acuta. Entrambe le persone possono parlare a bassa voce o urlare. Il tono della voce, grave o acuta, è la frequenza del suono. Il volume (sotto voce o urlata) è la potenza del suono. Un suono quindi può essere grave o acuto e contemporaneamente debole o forte. Situazione analoga per le onde radio che possono avere frequenza bassa e altissima e potenza bassa o altissima. Le due cose non vanno confuse, mente spesso negli articoli che trovate, soprattutto quelli allarmistici, si fa una grande confusione fra frequenza e potenza. Non è infrequente trovare frasi assurde del tipo “una trasmittente della potenza di 600 GHz”.  La frase dovrebbe essere “una trasmittente della frequenza di 600 GHz”. Confondere frequenza e potenza  potrebbe sembrare un semplice errore, se non ingenerasse in chi legge la sensazione che più alta è la frequenza, più forte e pericolosa è l’emissione. Cosa che è vera solo in parte, solo agli estremi più alti della frequenza, là dove le onde radio diventano radiazioni ionizzanti. 

FREQUENZA DELLE ONDE RADIO

Qui si fa un piccolissimo passo avanti nella tecnica. Le onde radio sono onde, come quelle che si ottengono buttando un sasso nello stagno. 

Butta un sasso nell’acqua e vedrai delle onde allontanarsi del punto in cui è caduto. Le onde radio sono la stessa cosa. Vengono emesse dall’antenna, ma non le vediamo. Possiamo solo immaginarle. Ci sono onde “lunghissime” e onde “ultracorte”. La lunghezza è quella che c’è fra una cresta e la successiva. 

Le onde lunghissime sono quelle a sinistra, che ricordano una molla molto tirata. Quelle ultracorte sono quelle a destra, che ricordano una molla molto compressa. Ecco due immagini simili che visualizzano tutte le onde radio che ci circondano,  alcune naturali e altre artificiali.

Si può facilmente vedere come fra la radiazione infrarossa e quella ultravioletta vi siano tutti i colori della luce visibile. 

La frequenza delle onde la misuriamo in Hertz (Hz) o con i suoi multipli kHz (1000 Hz), MHz (1’000’000Hz), GHz (1’000 MHz), EHz (1’000 GHz). 

In ordine crescente di frequenza abbiamo:

50 Hz Corrente elettrica casalinga onde lunghissime
100 KHz Radio a lunghissima distanza onde lunghe
1 MHz Radio a lunga distanza (AM) onde medie
100MHz Radio locali (FM) onde corte
1 GHz Televisione – cellulari onde ultracorte
 10 – 100 GHz RADAR microonde (millimetriche)
oltre 1000 GHz
(oltre 1EHz)
Luce infrarossa, visibile, ultravioletta onde micrometriche
oltre 1’000 EHz Radiazioni ionizzanti pericolose onde nanometriche

Ogni tipo di emissione ha bisogno della sua frequenza, a seconda del tipo di servizio che deve fare. Le radio che trasmettono musica possono usare onde dalle lunghe alle medie alle corte. Quello che cambia è la distanza che le onde radio riescono a coprire. Le onde lunghe viaggiano fra i continenti. Le onde corte invece coprono solo le zone locali, ma hanno il vantaggio di offrire più “canali”. Più si sale di frequenza, verso le onde ultracorte, più aumentano i canali. Per avere più canali occorre salire di frequenza. Si perde in distanza (quindi servono più antenne) ma si guadagna in canali. Le televisioni con il passare dei decenni stanno usando onde sempre più corte, per avere più canali disponibili. 

Le onde radio che vanno dalle lunghissime su su fino alle microonde e alla luce visibile non sono considerate pericolose, se non a potenze elevate (della potenza ne parliamo più avanti). 

Dall’ultravioletto in poi le onde radio diventano radiazioni ionizzanti, e qui son dolori. Esempi di radiazioni ionizzanti sono i raggi X, e i raggi gamma. Con queste radiazioni occorre andarci piano, esporsi il meno possibile perché si va a rischio tumori o addirittura ustioni e morte.

Ma allora la frequenza è pericolosa? Sui pericoli derivanti dalle emissioni elettromagnetiche, ossia le onde radio, torniamo dopo. Possiamo però anticipare che, si, più sale la frequenza più aumentano i rischi, soprattutto dai raggi UV in poi. Ma in realtà tutto dipende dalla potenza.

POTENZA DELLE ONDE RADIO

Capita più o meno cos’è la frequenza, adesso parliamo della potenza. Il confronto con la voce è facile facile: se sussurro (bassa potenza) mi sente solo chi è vicino a me. Se urlo mi sentono anche persone dall’altro lato della valle. Le onde radio seguono lo stesso principio: se la potenza è bassa l’onda radio “si spegne” rapidamente e non va molto lontano. Se la potenza è alta l’onda radio può andare molto più lontano.

La potenza si misura in Watt (W) con i suoi sottomultipli (milliwatt mW) o multipli (kilowatt kW).

pochi milliwatt (mW) telecomandi apricancello, giocattoli per bambini, telefoni cellulari
watt walkie talkie professionali, radio polizia e servizi pubblici
kilowatt (kW) emittenti radio / TV
megawatt (MW) armi a microonde o laser

Solitamente si usa la potenza più bassa che garantisce il risultato. Nessuno penserebbe a fare un telecomando apri-cancello della potenza di qualche watt, sarebbe assurdo dato che pochi milliwatt sono più che sufficienti. Per coprire una vasta area con una emittente televisiva servono invece impianti da migliaia di watt (kilowatt).

La potenza rappresenta la vera FORZA con cui un’onda radio ci colpisce. Qualsiasi sia la sua frequenza, un’onda radio debole difficilmente potrà causare qualche danno significativo. Un’onda molto forte (molto potente) potrà invece generare danni, soprattutto se oltre ad essere molto forte (alta potenza) è anche molto veloce (alta frequenza).

Introduciamo quindi un concetto base: il pericolo è dato dalla combinazione fra alta potenza e alta frequenza. 

Questo concetto lo si capisce molto bene se si pensa al forno a microonde che molti di noi hanno a casa. 

Il forno a microonde genera lo stesso tipo di radiazione generata dai telefoni cellulari e dalle armi più o meno segrete che si usano per disperdere le folle o per abbattere missili a distanza. La differenza sta nella potenza.

  • I nostri telefoni generano microonde a potenze bassissime, di pochi millesimi di Watt (pochi mW) e presentano rischi difficilmente quantificabili.
  • I nostri forni a microonde generano potenze intermedie, di quasi DUEMILA Watt, quindi un milione di volte più potenti di un telefono cellulare. Siccome sono isolati perfettamente non presentano rischi quando sono chiusi. Ma all’interno del forno il rischio di danni alla persona è alto.
  • Le armi a microonde generano potenze di svariati MILIONI DI WATT, quindi miliardi di volte più potenti dei nostri cellulari. Si tratta di armi, quindi qui il rischio è alto, garantito. 

E’ evidente che non ha senso accomunare telefoni cellulari, forni a microonde e armi a microonde. Tutti usano le microonde ma a potenze diversissime. Chi ti dice: “pensa, il tuo cellulare è come un forno a microonde, ti cuoce il cervello” o è ignorante o cerca di fregarti. Sarebbe come dire che un pizzicotto e una pressa da 10 tonnellate sono la stessa cosa e fanno lo stesso danno.

A costo di essere noioso ti propongo un’altra similitudine. Tutti usiamo l’acqua, per bere e per lavarci. A nessuno verrebbe in mente di essere in pericolo.

Ma la stessa acqua, usata a pressione di 7000 bar può essere usata per tagliare lastre d’acciaio fino a 15mm di spessore, con il TAGLIO AD ACQUA

Quindi concludiamo che l’acqua è pericolosa? La risposta è “dipende”. Se la beviamo dal bicchiere, la risposta è no. Se viene compressa a 7000 bar la risposta è SI. Dipende dalla potenza.

Adesso ci siamo fatti un’idea di cosa sono le onde radio, la frequenza e la potenza.

EVOLUZIONE TECNOLOGICA DEI CELLULARI

Abbiamo capito che i cellulari non sono altro che apparecchi radio forniti di tastiera e display.

I primissimi cellulari degli anni ’80 erano grossi e pesanti e la loro apparecchiatura radio era piuttosto rudimentale. Per garantire la comunicazione usava molta potenza, fino a 10W nei casi peggiori. L’emissione radio di onde EM era quindi piuttosto forte. 

Poi, con il passare del tempo ed il progredire della tecnologia i cellulari sono diventati molto più “furbi”. Utilizzano potenze bassissime e solo quando serve. Se ad esempio noi facciamo una breve pausa fra una parola e l’altra, il cellulare abbassa di molto la potenza, quasi a zero, perché non ha niente da trasmettere.  Inoltre la potenza di emissione del cellulare viene automaticamente regolata in base alla distanza dalla stazione base. Se la stazione base è vicina la potenza utilizzata è bassissima. Questo è vero anche per le antenne sui tralicci. La potenza viene emessa solo quando serve. Sono migliorate di molto anche le sezioni riceventi dei cellulari. Questo significa che il cellulare “prende meglio”. Ogni nuova tecnologia (1G, 2G, 3G, 4G, 5G) utilizza meno potenza della tecnologia precedente. Questo fatto è legato soprattutto ad una esigenza primaria: consumare meno batteria. Se il cellulare utilizza meno potenza la batteria dura di più, e questo è un vantaggio commerciale per chi produce e vende cellulari. Per questo i produttori di cellulari cercano soluzioni tecnologiche che consentano di utilizzare meno potenza, prolungando così la vita delle batterie e limitando nel contempo le emissioni EM. Con conseguente diminuzione dei rischi associati.

CELLE

La telefonia mobile si chiama “cellulare” proprio perché divide il territorio in molte “celle” contigue. Ogni cella ha la sua stazione base con relativa antenna. Quando il nostro cellulare si muove da una cella all’altra, mentre ci spostiamo a piedi o in auto, viene preso in carico dalla cella successiva, quindi si connette ad un’altra antenna. Perché questo meccanismo funzioni occorre che la potenza delle antenne sia limitata in modo da non interferire con la cella contigua. Questo è il motivo in base al quale la potenza delle stazioni basi e delle antenne dei cellulari è comunque una potenza limitata, per non creare interferenze con le celle circostanti. Nel caso del 5G questo meccanismo è spinto ancora più avanti: le celle sono molto più piccole rispetto al 4G e quindi  le potenze devono essere ancora inferiori.

 

SI, MA DICONO CHE IL 5G E’ PIU’ PERICOLOSO

Questo secondo me è tutto da dimostrare. Sono stati usati tanti argomenti contro il 5G, per motivi che io non capisco. 

FREQUENZE

Il 5G utilizza in parte le stesse frequenze (700 MHz e 3GHz) delle tecnologie precedenti. Quindi, a rigor di logica, presenta gli stessi (eventuali) problemi delle generazioni precedenti (1G fino a 4G). Poi è previsto in futuro anche l’utilizzo della banda a 26GHz (gigahertz), che è quella che spaventa qualcuno. Ma anche qui siamo ancora nel campo delle radiazioni non ionizzanti, che alle bassissime potenze utilizzate dai cellulari non creano alcun problema. 

ANTENNE

Una delle caratteristiche innovative e positiva del 5G è il sistema di “antenna intelligente”.

A differenza del 3G / 4G, dove l’antenna “illumina” con un ventaglio di onde radio tutta la sua zona di competenza, anche lì dove ci sono telefoni non attivi, l’antenna 5G è intelligente e convoglia le onde radio in forma di “raggi” (beam) solamente in direzione dei telefoni attivi. Questo, anche per chi si preoccupa della salute, è un grande passo avanti perché consente di non inviare onde radio dove non servono. Paradossalmente ci si deve preoccupare molto meno del 5G che del 4G.

Si ma con il 5G metteranno milioni di piccole antenne, saremo circondati.

Non nego che l’argomento possa essere di un certo effetto, ma ad una analisi più dettagliata è inconsistente.

Soprattutto nella banda più alta (ancora non usata in Italia) dei 26GHz le onde radio si propagano molto male e vengono fermate facilmente da qualsiasi ostacolo. Per questo l’idea è quella di usare molte antenne a bassissima potenza invece che poche antenne a potenza maggiore. Le celle, come detto in precedenza, saranno molto più piccole, e la potenza di conseguenza dovrà essere molto più bassa. Si, saremo circondati da tanti trasmettitori, ma a bassissima potenza. 

Ho letto che con il 5G ci potranno controllare meglio perché le onde del 5G penetrano meglio nei muri.

Questo è un argomento totalmente infondato. Per quanto riguarda le bande di frequenza già usate dal 4G (700 MHz e 3 GHz) non ci sarà alcuna differenza. Mentre per quanto riguarda la banda più alta, a 26GHz, è un dato tecnico risaputo che più alta è la frequenza delle microonde più bassa è la loro capacità di penetrazione degli ostacoli. 

Saremo circondati da miliardi di dispositivi IoT (Internet of Things) che generano campi EM pericolosi.

Anche questa è una affermazione totalmente infondata, per questi motivi:

  • I dispositivi IoT non sono strettamente legati al 5G. Già oggi siamo circondati da dispositivi IoT: telecamere di sorveglianza, elettrodomestici, interruttori intelligenti, lampade intelligenti. La maggior parte di questi dispositivi si collegano al WiFi di casa, e sono del tutto indipendenti dal 5G. Altri dispositivi IoT arriveranno, e alcuni di loro si connetteranno alla rete 5G. Altri invece si connettono ad altre reti (LoRa), sulle stesse frequenze degli attuali cellulari (430 MHz, 868 MHz). Cito da un interessante articolo: “Una Low Power-Wide Area Network, per essere considerata applicabile in un’ambientazione Internet of Things deve avere delle ben precise caratteristiche, prima di tutto basso costo e bassi consumi. Infatti se si considera che in certe installazioni gli end-node device, o punti terminali di comunicazione come sorgenti di dati, potrebbero essere parecchie migliaia, i costi unitari sono il punto di partenza per determinare il ritorno dell’investimento, e i bassi consumi sono imprescindibili laddove la funzionalità dipende da batterie.
  • I dispositivi IoT generano un bassissimo flusso dati, e sono spesso alimentati a batteria. Si accendono al momento di trasmettere dati e poi si spengono. Sono in pratica normalmente inattivi, silenziosi. Ad esempio, un sensore di temperatura o umidità non genera un flusso continuo di dati, che sarebbe inutile e provocherebbe la scarica prematura della batteria. Diciamo che il sensore di temperatura o umidità invia i suoi dati una volta al minuto, per un tempo brevissimo. E poi torna a “dormire”. La stessa cosa vale più o meno per tutte le applicazioni IoT. E’ quindi del tutto infondata la paura di essere “circondati e bombardati” da un continuo flusso di onde radio generate dai dispositivi IoT. 

PERICOLI DELLE ONDE RADIO

Le onde radio sono pericolose per la nostra salute? Alcune si, di sicuro. Già sappiamo che i raggi UV possono danneggiare la nostra pelle e provocare dei tumori. A maggior ragione le onde radio diventano pericolose man mano che saliamo di frequenza nel campo delle radiazioni ionizzanti.

RADIAZIONI IONIZZANTI

Per radiazioni ionizzanti si intendono quelle onde radio a frequenza altissima (maggiori di 10EHz) che vanno dai raggi UV ai raggi alfa, raggi X e raggi gamma. Qui si entra nel campo delle energie e delle radiazioni nucleari la cui pericolosità è conosciuta da quando sono state scoperte. Queste radiazioni possono essere usate per scopi medici (radiografie, TAC) ma solo occasionalmente e a dosi bassissime. Chi lavora a contatto con queste radiazioni deve proteggersi e utilizzare strumenti (dosimetri) che misurino l’assorbimento, per evitare esposizioni prolungate che sarebbero dannose. Ma le onde radio utilizzate per le comunicazioni hanno frequenze milioni di volte inferiori.

EMISSIONI NON IONIZZANTI

Le emissioni radio non ionizzanti sono quelle che vanno dai 50Hz (frequenza della corrente elettrica di casa) fino alla luce visibile. Sulla pericolosità delle emissioni non ionizzanti c’è una questione aperta da decenni. Si stanno conducendo studi sia sulla parte bassa dello spettro (i 50Hz di casa) che sulla parte alta (microonde per comunicazioni radio). 

Un filone di studi riguarda i possibili effetti cancerogeni delle onde a bassissima frequenza (ELF), ossa quella della corrente di casa e dei tralicci ad alta tensione. I vari studi non hanno portato a risultati definitivi perché è estremamente difficile effettuare degli studi epidemiologici seri. Come in tutti gli studi medici occorre avere dei campioni che non vengono esposti e degli altri campioni che vengano esposti ad un solo elemento. E occorre che la sola differenza sia l’elemento in questione. Ma è impossibile trovare qualcuno che viva come noi, mangi come noi, respiri come noi, ma che non venga esposto a radiazioni a bassa frequenza. Tutti siamo esposti alle radiazioni emesse dagli impianti elettrici di casa, dell’ufficio, ovunque. Un altro problema è che le persone che vivono in diretta prossimità dl linee ad alta tensione e che sviluppano tumori o altre malattie raramente vivono sempre a contatto con quei campi EM. Potrebbero andare a lavorare in altri posti con altri agenti cancerogeni. O potrebbero incorrere in altri contatti (alimentazione, inquinamento atmosferico) che potrebbero provocare tumori o altre malattie. E’ questa estrema difficoltà ad effettuare i necessari studi epidemiologici che ha fino ad ora reso inconcludenti gli studi che cercano di mettere in relazione l’esposizione a emissioni ELF con l’insorgenza di tumori al cervello. Alcuni studi (questo) indicano una debolissima correlazione nel caso del glioma e praticamente nessuna correlazione nel caso del meningioma. 

Altri filoni hanno studiato gli effetti delle onde radio a varie frequenze, dalle trasmissioni radio e TV ai telefoni cellulari e router WiFi, ma nessuno studio è arrivato a dimostrare correlazioni significative.

In definitiva, al momento attuale non è possibile dire con certezza che le emissioni radio possano provocare dei tumori. Le correlazioni identificate da alcuni studi sono talmente deboli da poter dire che il rischio è certamente di parecchi ordini di grandezza inferiore rispetto ad altre cause accertate di tumore e in genere di malattie potenzialmente mortali, come il fumo, l’inquinamento atmosferico, la sedentarietà, le cattive abitudini alimentari. 

Da quel che ho capito fino ad oggi, e domani potrei cambiare idea, i veri problemi riguardanti la nostra salute riguardano ben altri aspetti. 

Per quanto riguarda nello specifico il 5G, non si vede perché dovrebbe presentare problemi maggiori riguardo a quelli già eventualmente presentati dalle precedenti tecnologie (1G, 2G, 3G, 4G) che erano e sono anzi più pericolose sotto il profilo della potenza emessa. 

Se davvero volessimo metterci al riparo dal pericolo (non dimostrato) delle emissioni EM, dovremmo:

  • Smettere di utilizzare elettrodomestici di qualsiasi tipo nelle nostre case
  • Vivere lontani da trasmettitori radio e tv di qualsiasi tipo
  • Smettere di utilizzare telefoni cellulari di qualsiasi tipo

E’ del tutto evidente che simili soluzioni drastiche sono possibili solo vivendo isolati dal mondo lontani da ogni forma possibile di civiltà, rinunciando ad utilizzare qualsiasi forma di elettricità, Possibile, certo, ma non facilmente realizzabile. 

Nel momento stesso in cui accettiamo di vivere in una città, grande o piccola che sia, utilizzando elettrodomestici e telefoni cellulari, in quel momento ci troveremo esposti a numerosi e inevitabili campi EM.

Quindi a mio parere il vero problema non è il 5G, ma la civiltà tecnologica tutta. 

La vita è colma di rischi, da sempre. Rischiamo malattie, incidenti, inquinamenti. Spesso siamo costretti a barattare parte della nostra sicurezza in cambio di una qualche forma di stabilità lavorativa. Molti lavori mettono a rischio la nostra salute, in un modo o nell’altro. E lo stesso vivere in determinate aree ci sottopone a forti dosi di inquinamento atmosferico o di altro tipo. E’ giusto preoccuparsi di minimizzare le fonti di inquinamento, essere critici ed analizzare tutto. Ma nel fare questo occorre stabilire delle priorità, e concentrare la nostra attenzione soprattutto a quei fenomeni che per loro stessa natura comportano i più alti e documentati rischi per la nostra salute. Al momento, salvo successivi approfondimenti, il rischio 5G è un lusso che possono permettersi solo coloro che vivono al di fuori di aree altrimenti inquinate. Ma chi vive, ad esempio, in pianura Padana, ha molti altri motivi di preoccupazione, decisamente più incisivi e dimostrati. 

 

M211K Electronic Keyboard MIDI

Some time ago I bought a M211K keyboard. I found it at the local ALDI general store, good price, interesting features. You can find HERE the detailed description. In short, it’s a 61 keys keyboard with touch response, 580 voices, 32 sounds polyphony and USB-MIDI interface. This last one was the feature that hit my fantasy. I thought: “I will connect it to my PC and I will be able to create multi track music!”. 

The keyboard satisfies my needs, considering that I’m barely able to put my hands on a keyboard. Indeed, it’s much above my real capabilities, and I’m still unable to get some good result. My fault, of course. The instrument by itself it’s good enough for a beginner like me. Remember Ray Charles in the “Blues Brothers” movie? “Uh, Excuse me. I don’t think there is anything wrong in the action of this piano“. No matter the quality of the instrument, the key is in your hands.

If you’re interested in the instrument itself, you’ll find lot of reviews and details on the net. Look at those video for some insight:

Angela Piano shows how it sounds

Tom shows some more features

And HERE the user manual.

But let’s talk now about the MIDI side of the story. Behind the instrument you’ll find a USB-B male connector where you will insert the USB-B female connector of a USB-B to USB-A cable.  Connect the other end of the cable (the usual USB-A) to your PC or laptop.

 

 

Now the software side of the story.

I made an unsuccessful attempt to connect the keyboard to my Audacity program, the one that I use to record my poor musical multi track attempts. Later I understood that Audacity does not provide MIDI recording and editing

So I switched to LMMS, a very powerful DAW (Digital Audio Workstation) that runs on Windows, Linux and Mac OS. 

I will not explain how to use LMMS, there is plenty of tutorials on the web. I will just explain how to connect and use the M110K keyboard. Anyway I think that what I’ll write here would be the same also for any other MIDI keyboards.

  1. T urn off the keyboard and stop the LMMS program if it’s running.
  2. Connect the USB cable to the keyboard and the PC
  3. Turn on the keyboard
  4. Start the LMMS program
  5. Open the Edit Menu, Settings, MIDI and verify that the WinMM MIDI interface is selected. 
  6. The program usually starts with the Song Editor and four tracks: Triple Oscillator, Sample track, Beat/Bassline and Automation track. Let’s focus on the Triple oscillator. 
  7. Click on the gear icon (left side of the Triple Oscillator) and select MIDI, input, USB Audio Device. Make sure that the USB audio device is active (mark sign). This will allow the MIDI keyboard to control the Triple Oscillator. Repeat the same procedure for the MIDI Output, so that the LMMS will be able to control the MIDI keyboard. 
  8. Now click on the Triple Oscillator name. This will open the Triple Oscillator configuration dialog. Click on the little keyboard section (see red circle below). Now make sure that the ENABLE MIDI INPUT is green (click on it) and the channel value is 1. 
  9. Make also sure that the ENABLE MIDI OUTPUT is green (click on it). The value in the PROGRAM field will select the sound that the keyboard will play driven by the LMMS edited music.

What now? Well, you have two main streams available:

  • RECORD FROM KEYBOARD TO LMMS: You play on your keyboard and the LMMS (or any other DAW) will record the MIDI stream. No matter what sound you select on your keyboard, LMMS will apply the sound that you selected on that track. So: 
    • you create a track with the sound (preset or sample) that you like.
    • you enable the MIDI input of that track 
    • you start the recording
    • you play on your keyboard. What you play will be recorded on the selected track. You can also select more than one track: what you play on the keyboard will be recorded at the same time on multiple tracks. 
  • PLAYBACK FROM LMMS TO KEYBOARD: You playback the recorded music on LMMS. If the MIDI output of one or more recorded tracks is enabled you will hear the sound coming out from the keyboard. What kind of sound will you hear? Will it be the sound (preset or sample) of the instrument selected on the LMMS? Not at all! You will hear the sound of the keyboard! Which one? Your keyboard has hundred of sounds! You will hear the sound selected by the “program” value on the LMMS instrument. There are 128 sounds available, selected among hundreds of sounds (580) of your keyboard. That means that not all the sounds of your keyboard are available through the MIDI interface, only 128. Below you’ll find a correspondence table between M211K sounds and MIDI codes. 

The RECORD stream is useful to record a background music. When you have it recorded on your LMMS project you can modify it (edit) to obtain a final version that can then be used as it is (export it in mp3 or midi format) or sent to you keyboard.

The PLAYBACK stream is useful to play or sing using a “prerecorded base” on the LMMS that will be reproduced by your keyboard. 

KEYBOARD SOUNDS AND MIDI CODES

The M211K keyboard offers 580 different sounds (voices) that you can select by the numeric pad. Some of them are also available through the MIDI input function, i.e. they can be “played” by an external MIDI sequencer, like your PC and the LMMS program. 

The complete excel file is here

Number MIDI INPUT # English Name LCD Name
PIANO
1 1 Acoustic Grand Piano GrandPno
2 2 Piano Dark GrdPnD
3   Piano Dark 2 GrdPnD2
4 3 Octave Piano OctPno
5   Octave Piano 2 OctPno2
6 4 Piano & Choir Pno&Cho
7   Grand Piano / W GrandPnW
8   Analog E.Piano AnEPno
9   Analog E.Piano 2 AnEPno2
10   Analog E.Piano Wah AnPnoWah
11   Bright Piano BritPno
12   Bright Piano 2 BritPno2
13   Stereo Bright Piano BritePnS
14   Detuned Piano DetunPno
15   Chorus Piano ChoPno
16   Chorus Piano 2 ChoPno2
17   Bright Piano / W BritPnW
18   Bright Piano 2 / W BritPnW2
19   Piano & Vibraphone Pno&Vib
20   Electric Grand Piano EPianoG
21   Electric Grand Piano / W E.PianoW
22   Stereo Synth E.Piano StSyElPn
23   Stereo Synth E.Piano 2 StSyEPn2
24   Honky-Tonk Piano HnkyTonk
25   Honky-Tonk Dark HnkTonkD
26   Honky-Tonk / W HnkyTkW
27   Honky-Tonk 2 / W HnkyTkW2
28 5 E.Piano E.Piano
29   Stereo E.Piano EPianoS
30   50’s E.Piano 50’sEP
31   E.Piano / W EPianoW
32   E.Piano 2 / W EPianoW2
33   E.Piano 3 / W EPianoW3
34   E.Piano 4 / W EPianoW4
35 6 E.Piano 2 E.Piano2
36   E.Piano 3 E.Piano3
37   Detuned E.P. DetunEP
38   Detuned E.P. 2 DetunEP2
39 7 Harpsichord Harpsi
40   Harpsichord / W HarpsiW
41   Harpsichord 2 / W HarpsiW2
42   Harpsichord Octave HarpsiO
43   Harpsichord Octave 2 HarpsiO2
44   Harpsichord Off HarpsiOf
45   Digital E.Piano DigiEP
46   Digital E.Piano 2 DigiEP2
47 8 Clavichord Clavi
48   Clavichord 2 Clavi2
49   Stereo Clavichord ClaviS
50   Clavichord / W ClaviW
51   Clavichord Wah ClaviWa
52   Synth Clav SynClav
CHROMATIC PERCUSSION
53 9 Celesta Celesta
54 10 Celesta 2 Celesta2
55   Dark Celesta CelestD
56   Dark Celesta 2 CelestD2
57   Celesta & Sine Cele&Sin
58   Reecho Bell ReBell
59   Reecho Bell 2 ReBell2
60   Celesta & Music Box Cel&Mbox
61   Glockenspiel Glocken
62   Glockenspiel & Sine Glkn&Sin
63   Children’s Song ChilSong
64   Analog Bell AnaBell
65   Stereo Analog Bell StAnaBel
66 11 Music Box MusicBox
67 12 Vibraphone Vibra
68   Vibraphone / W VibraW
69   Vibraphone & Bell Vibr&Bel
70   Vibraphone & Harpsichord Vibr&Hrp
71 13 Marimba Marimba
72   Marimba 2 Marimba2
73   Marimba / W MarimbaW
74   Marimba 2 / W MarimbW2
75   Sine Marimba Marm&Sin
76   Stereo Marimba MarimbaS
77   Marimba & Vibraphone Marm&Vib
78   Wood Drum WoodDrum
79   Rotating Rotating
80   Dual Attack DualAtta
81   Stereo TRI StTRI
82 14 Xylophone Xylophon
83   Xylophone 2 Xylphon2
84 15 Tubular Bells TubuBel
85   Tubular Bells 2 TubuBel2
86   Tubular Bells 3 TubuBel3
87   Rotate Octave RotateOc
88   Synth Organ Staccato SyOrSta
89   Synth Organ Staccato 2 SyOrSta2
90 16 Dulcimer Dulcimer
91   Dulcimer 2 Dulcimr2
ORGAN
92 17 Drawbar Organ DrawOrg
93   Stereo Drawbar Organ DrawOrgS
94   Soft Stereo Drawbar Organ DrawOgSf
95   Mellow Drawbar Organ MellDOrg
96   Bright Drawbar Organ DrawOrgB
97 18 Percussive Organ PercOrgn
98 19 Percussive Organ Detuned DePerOrg
99   Rock Organ RockOrgn
100   Rock Organ 2 RokOrgn2
101 20 Church Organ ChurOrgn
102   Detuned Church Organ DeChuOrg
103   Octave Church Organ ChrOrgO
104   Octave Church Organ 2 ChrOrgO2
105   Finale Finale
106   Finale 2 Finale2
107   Digital Organ DigiOrg
108   Analog Organ AnaOrg
109   Analog Organ 2 AnaOrg2
110 21 Reed Organ ReedOrgn
111   Reed Organ 2 RedOrgn2
112   Stereo Reed Organ ReedOrgS
113 22 Accordion Acordin
114   Accordion 2 Acordin2
115 23 Stereo Accordion AcordinS
116   Harmonica Harmnica
117   Dark Harmonica HarmnicD
118 24 Tango Accordion TangoAcd
119   Dark Tango Accordion TangAcdD
GUITAR
120   Nylon Guitar NylonGtr
121   Chorus Nylon Guitar NylonGtC
122   Stereo Nylon Guitar NylonGtS
123   Stereo Nylon Guitar 2 NylnGtS2
124 25 Steel Guitar SteelGtr
125   12 String Guitar 12StrGtr
126   Detuned Steel Guitar DetStlGt
127 26 Jazz. Guitar JazzGtr
128 27 Clean Guitar CleanGtr
129   Clean Guitar 2 CleanGt2
130   Stereo Clean Guitar CleanGtS
131   Soft Clean Guitar ClnGtSof
132   Chord Clean Guitar ClnGtCho
133 28 Muted Guitar MutedGtr
134   Muted Guitar 2 MutedGt2
135 29 Stereo Muted Guitar MutedGtS
136   Chord Muted Guitar MutGtCho
137 30 Overdrive Guitar Ovrdrive
138   Dance Lead DancLead
139 31 Distortion Guitar DistGtr
140   Analog Distortion Guitar AnDistGt
141   5Th Distortion 5ThDist
142   5Th Distortion 2 5ThDist2
143   Analog Distortion AnaDist
144   Analog Distortion 2 AnaDist2
145   Analog Distortion Wah AnDisWah
146   Analog Distortion Wah 2 AnDisWa2
147 32 Guitar Harmonics GtrHarmo
BASS
148 33 Acoustic Bass AcoBass
149   Acoustic Bass 2 AcoBass2
150   Acoustic Bass Detuned DetAcoBs
151   Velocity Crossfade Bass VelCroBs
152   Jazz Style JazzSty
153   A.Bass & Mute G.T. ABs&MtGT
154 34 Finger Bass FngrBs
155   Finger Bass 2 FngrBs2
156   Finger Bass 3 FngrBs3
157   Dark Finger Bass FngrBsD
158   Detuned Finger Bass DetFngBs
159   Velocity Bass VelBass
160   Bass & Distortion Guitar Bs&DisGt
161 35 Pick Bass PickBs
162   Pick Bass 2 PickBs2
163 36 Pick Bass 3 PickBs3
164   Mute Pick Bass PickBsM
165   Pick & Finger Bass Pk&FgBs
166   Pick Bass & Clean Guitar PBs&ClGt
167   Detuned Pick Bass DetPkBs
168   Fretless Bass Fretles
169   Fretless Bass 2 Fretles2
170   Fretless Bass 3 Fretles3
171 37 Slap Bass SlapBas
172 38 Slap Bass 2 SlapBas2
173   Slap Bass 3 SlapBas3
174   Slap Bass 4 SlapBas4
175   Slap Bass 5 SlapBas5
176 39 Synth Bass SynBass
177 40 Synth Bass 2 SynBass2
178   Synth Bass 3 SynBass3
179   Synth Bass 4 SynBass4
180   Synth Bass 5 SynBass5
STRINGS AND ORCHESTRAL
181 41 Violin Violin
182 42 Violin 2 Violin2
183   2 Violin 2Violin
184   Viola Viola
185   Viola 2 Viola2
186   2 Viola 2Viola
187 43 Cello Cello
188   Cello 2 Cello2
189   2 Cello 2Cello
190   Contrabass Contrbs
191 44 Contrabass 2 Contrbs2
192 45 Tremolo Strings TremStr
193   Tremolo Strings 2 TremStr2
194   Tremolo Strings 3 TremStr3
195 46 Pizzicato Strings PizzStr
196   Pizzicato Strings 2 PizzStr2
197   Pizzicato Strings 3 PizzStr3
198 47 Orchestral Harp Harp
199   Orchestral Harp 2 Harp2
200   Orchestral Harp 3 Harp3
201   Stereo Harp HarpS
202 48 Timpani Timpani
203   Timpani 2 Timpani2
204   Timpani 3 Timpani3
205 49 Strings Ensemble Strings
206 50 Strings Ensemble 2 Strings2
207   Strings Ensemble 3 Strings3
208   Boiling Life Boiling
209   Stereo Strings StringS
210   Stereo Strings 2 StringS2
211 51 Synth Strings SynStrs
212 52 Synth Strings 2 SynStrs2
213   Synth Strings 3 SynStrs3
214   Stereo Synth Strings SynStrS
215   Stereo Synth Strings 2 SynStrS2
216   Analog Orchestra AnaOrch
217   Analog String AnaStr
218   Analog String 2 AnaStr2
219   Slow Strings SlowStr
220   Slow Strings 2 SlowStr2
221 53 Choir Aahs ChoirAah
222   Choir Aahs 2 ChoirAh2
223   Dark Aahs ChoAhD
224   Dark Aahs 2 ChoAhD2
225   Stereo Aahs ChoAhS
226   Stereo Aahs 2 ChoAhS2
227   Mellow Choir Aahs ChoAhMel
228   Aahs & SynStr Ah&SyStr
229   Big Aahs BigAahs
230   Analog Sound AnaSound
231   Analog Sound 2 AnSound2
232   Analog Sound 3 AnSound3
233 54 Voice Ooh VoiceOoh
234 55 Synth Voice SynVoic
235   Synth Voice 2 SynVoic2
236   Stereo Synth Voice SynVoicS
237   HK 80’s HK80’s
238   Homesick Homesick
239   Child Interest Interest
240   Child Interest 2 Intrest2
241   Mechanical Voice MechanVo
242   Power Voice PoweVo
243   Child Interest Wah InterWah
244 56 Orchestra Hit OrchHit
245   Orchestra Hit Stereo OrchHitS
246   Orchestra Hit Octave HitOctO
BRASS
247 57 Trumpet Trumpet
248 58 Trumpet 2 Trumpet2
249 59 Dark Trumpet TrumpetD
250   Dark Trumpet 2 TrmpetD2
251   Wah Trumpet TrumpetW
252   Trombone Trmbone
253   Trombone 2 Trmbone2
254   Tuba Tuba
255   Tuba 2 Tuba2
256 60 Muted Trumpet MuteTrp
257   Muted Trumpet 2 MuteTrp2
258 61 Horn Horn
259   Horn 2 Horn2
260   Horn 3 Horn3
261   Stereo Synth Brass StSyBras
262   5th Horn 5thHorn
263 62 Brass Ensemble Brass
264   Majestic Unison Unison
265 63 Synth Brass SynBras
266 64 Synth Brass 2 SynBras2
267   Synth Brass 3 SynBras3
268   Synth Brass 4 SynBras4
269   Synth Brass 5 SynBras5
270   Sharp Brass SharpBra
271   Analog Brass AnaBrass
272   Analog Brass 2 AnaBras2
273   Dynamics Analog Brass DyAnaBra
274   Octave Synth Brass SynBrasO
REED
275 65 Soprano Sax SprnSax
276   Soprano Sax 2 SprnSax2
277 66 Alto Sax AltoSax
278 67 Alto Sax 2 AltoSax2
279   Tenor sax TenoSax
280 68 Tenor sax 2 TenoSax2
281   Baritone Sax BariSax
282   Baritone Sax 2 BariSax2
283 69 Oboe Oboe
284   Oboe 2 Oboe2
285   Sweet Oboe SwetOboe
286 70 English Horn EngHorn
287   English Horn 2 EngHorn2
288 71 Bassoon Bassoon
289   Bassoon 2 Bassoon2
290 72 Clarinet Clarine
291   Clarinet 2 Clarine2
PIPE
292 73 Piccolo Piccolo
293   Piccolo 2 Piccolo2
294 74 Flute Flute
295   Flute 2 Flute2
296 75 Recorder Recordr
297   Recorder 2 Recordr2
298 76 Pan Flute PanFlut
299   Pan Flute 2 PanFlut2
300 77 Blown Bottle Bottle
301   Blown Bottle 2 Bottle2
302 78 Shakuhachi Shakchi
303   Shakuhachi 2 Shakchi2
304 79 Whistle Whistle
305   Whistle 2 Whistle2
306 80 Ocarina Ocarina
307   Ocarina 2 Ocarina2
SYNTH LEAD
308 81 Square Lead SquarLd
309   Square Lead 2 SquarLd2
310   Square Lead 3 SquarLd3
311   Analog Lead AnaLead
312   Lead Sine SineLead
313   Lead Sine 2 SinLead2
314   Analog Electric AnaElect
315   Slow Square Lead SlowLead
316   Analog Classic Lead AnClasLd
317   Thick Square ThickSq
318   Quint Quint
319   Sine Solo SineSolo
320   Pulse Lead PulseLd
321   Pulse Lead 2 PulseLd2
322   Mellow Wind Wind
323   80’s Digital 80’sDig
324   Classic TRI ClassTRI
325   Stereo Analog Wind StAnWind
326   Stereo Analog Wind 2 StAnWid2
327 82 Sawtooth Lead SawLead
328   Sawtooth Lead 2 SawLead2
329   Sawtooth Lead 3 SawLead3
330 83 Stereo Sawtooth SawLdS
331   Stereo Sawtooth 2 SawLdS2
332   Stereo Sawtooth 3 SawLdS3
333   Electronic Lead ElecLead
334   Psychedelic Psyched
335   80’s Synth 80’sSyn
336   5Th Analog 5ThAna
337   5Th Analog 2 5ThAna2
338   Vitality Vitality
339   5th Sawtooth 5thSaw
340   5th Sawtooth 2 5thSaw2
341   Comedy Comedy
342   Comedy 2 Comedy2
343   Fazli Lead FazliLd
344   80’s Sawtooth 80’sSaw
345   Wind Chimes WindChi
346   5Th Digital Age 5ThDigAg
347   5Th Digital Age 2 5ThDgAg2
348   5Th Square 5ThSqu
349   5Th Square 2 5ThSqu2
350   Stereo Pulse StPulse
351   Stereo Pulse 2 StPulse2
352   Analog Signal AnSignal
353   Analog Signal 2 AnSignl2
354   Stereo Electronic Lead StElecLd
355   Stereo Electronic Lead 2 StEleLd2
356   Stereo Electronic Lead 3 StEleLd3
357   Stereo Electronic Lead 4 StEleLd4
358 84 Calliope Lead CalipLd
359   Calliope Lead 2 CalipLd2
360   Calliope Lead 3 CalipLd3
361   Grand Grand
362   Grand 2 Grand2
363   Octave Pad OctPad
364   Classic Lead ClassLD
365   Sawtooth Wah SawWah
366   Chiff Lead ChiffLd
367   Chiff Lead 2 ChiffLd2
368   Chiff Lead 3 ChiffLd3
369 85 Charang Lead CharnLd
370   Charang Lead 2 CharnLd2
371   Fruity Lead FruityLd
372   Fruity Lead 2 FrutyLd2
373 86 Voice Lead VoiceLd
374   Voice Lead 2 VoiceLd2
375   Robot Robot
376   Robot 2 Robot2
377   Modulation Distortion ModDist
378   Modulation Distortion 2 ModDist2
379   Control Control
380   Vague Vocals VagueVo
381   Singl Synth SinglSyn
382   Analog Filter AnaFilt
383   Analog Voice AnaVo
384   Analog Voice 2 AnaVo2
385 87 Fifths Lead FifthsLd
386   Ninja Ninja
387   Ninja 2 Ninja2
388 88 Bass & Lead Bs&Lead
389   Bass & Lead 2 Bs&Lead2
390   Bass & Lead 3 Bs&Lead3
391   Classic Synth ClassSyn
392   Classic Synth 2 ClassSy2
393   Classic Synth 3 ClassSy3
394   Electron Impac EleImpac
395   Elastic Across Across
396   Single Sawtooth SinglSaw
397   Analog Wind AnaWind
398   Electron Saw EleSaw
399   Boring Sine BorSine
400   Steel Wire SteelWir
401   Steel Wire 2 SteelWr2
402   Analog Pulse AnaPulse
403   Happiness Happines
404   Happiness 2 Happine2
405   Happiness 3 Happine3
406   Deformation Pulse DefPulse
SYNTH PAD
407 89 New Age Pad NewAgPd
408   New Age Pad 2 NewAgPd2
409   New Age Pad 3 NewAgPd3
410   Rise Rise
411   Praise Praise
412   Intangible Intangi
413   Warm Day WarmDay
414   Warm Day 2 WarmDay2
415   Warm Day 3 WarmDay3
416   Dunhuang Dunhuang
417   Free Space FreeSpa
418   Plump Sawtooth PlumpSaw
419   Square Wah SquaWah
420   Double Pulse DoubPul
421   Comedy Wah ComeWah
422   Phase Shift PhaShift
423   Phase Shift 2 PhaShit2
424 90 Warm Pad WarmPad
425   Warm Pad 2 WarmPad2
426   Overture Overture
427   Verve Verve
428   Fulness Pad FulnesPd
429   Overture Wah OvertWah
430   Digital Age DigitAge
431 91 Analog Pad AnalPd
432   Analog Pda2 AnalPd2
433   Analog Pad 3 AnalPd3
434   Analog Pad 4 AnalPd4
435 93 Analog Pad 5 AnalPd5
436   Analog Wah AnaloWah
437   Sharp Sharp
438   Warm Pulse WarmPul
439   Warm Pulse 2 WarmPul2
440   Happiness Pad HappiPd
441   Sawtooth Pad SawPad
442   Sawtooth Pad 2 SawPad2
443   Poly Synth Pad PlySyPd
444   Poly Synth Pad 2 PlySyPd2
445   Poly Synth Pad 3 PlySyPd3
 

PLC WAGO

Questa è la cronca di una infelice applicazione di un PLC Wago. Spero possa servire a qualcuno, se dovesse trovarsi in condizioni analoghe. Prendete queste cronache per quel che sono. 

Ho fatto parecchi lavori usando i PLC della Wago. Nello specifico ho usato  quelli della serie PFC100 e quelli della serie superiore PFC200.  Per noi è stata una scelta imposta dal cliente, in quanto solitamente preferiamo andare su prodotti più consolidati, tipo i PLC della Siemens, sui quali abbiamo decenni di esperienza. Da qualche tempo invece un certo cliente ha preferito andare sui prodotti Wago, probabilmente per una questione di prezzo.

I PLC della Wago hanno il loro ambiente di sviluppo, che si chiama e!COCKPIT ed è basato a sua volta sull’ambiente di sviluppo CODESYS che aderisce allo standard industriale  IEC 61131-3   

Si può programmare nei soliti linguaggi PLC (cito dal wiki inglese:

La mia preferenza va al linguaggio ST, che nel mondo Siemens si chiama SCL, un linguaggio testuale basato sul Pascal

Quel che mi piace di più dell’ambiente Wago è che il PLC integra nel suo software un server WEB e la possiblità di disegnare abbastanza facilmente delle semplici interfacce utente che sarà poi possibile visualizzare su un qualsiasi client WEB.

In questo modo non è necessario fare ricorso a pannelli operatore specializzati. Wago mette a disposizione un pannello HMI ad hoc che altro non è che un pannello con integrato un browser WEB. Basta configurare l’indirizzo IP del PLC che si vuole monitorare. Ma, volendo, si può utilizzare un qualsiasi PC, tablet o dispositivo mobile (smartphone) dalla rete locale oppure (tramite VPN) da remoto. 

In’altra caratteristica simpatica del Wago è la possibilità di segmentare  facilmente il programma in vari task, ognuno con la sua priorità e con il suo ciclo di esecuzione. Caratteristica comuque non certo esclusiva del Wago. Tanto per dire, con i PLC Siemens si possono usare gli OB da 30 a 38.

Tutto bene dunque? Mica tanto.

Abbiamo fatto parecchi lavori con questo PLC, cose abbastanza semplici per il controllo di impianti industriali: aria condizionata, riscaldamento, gestione pompe di calore, interfaccie Modbus.

Ma i dolori sono iniziati quando ci è stato chiesto di integrare una rete di luci DALI  (5 controllori DALI 753-0647 e 5 bus DALI separati) e di interruttori e sensori Konnex connessi ad controllore KNX 753-0646 via bus KNX.

 

 

Bisogna comunque specificare il fatto che questo lavoro è stato fatto “a cuore aperto”, in una situazione in cui l’impianto era già in funzione, il cliente mal digeriva interruzioni del servizio e la deadline della inaugurazione era imminente. Non c’è stato tempo per fare le prove a banco con la necessaria calma. Il tutto complicato dal fatto che le specifiche praticamente non esistevano, che gli architetti del cliente aggiungevano e toglievano in continuazione i punti luce DALI, le utenze elettriche, i punti KNX. Un incubo. 

Wago ha a catalogo i moduli adatti per la gestione delle due realtà. Sul fronte DALI fornisce anche un utile strumento software, il Wago Dali Configurator che permette di configurare e controllare in modo abbastanza intuitivo la rete di illuminazione. 

I dolori per quanto mi riguarda sono arrivati sul fronte KNX. Per noi era la prima volta che usavamo l’accoppiata WAGO-KNX, quindi c’era una mancanza di know-how specifico.  E poi, forse per mia incapacità nel reperire le informazioni. è stato un delirio capire come configurare la parte KNX lato PLC. Sarà colpa mia, ma non sono riuscito a trovare un manuale con informazioni ed esempi esaustivi per tutte le possibili casistiche. Il service di Wago mi ha mandato i riferimenti di alcune application notes datate e assolutamente non sufficienti ad avviare un progetto KNX in totale autonomia. Vicino alla disperazione sono stato indirizzato ad un sistem integrator che, commosso dalle mie difficoltà, mi ha dato alcune dritte telefoniche che mi hanno finalmente permesso di uscire parzialmente dal pantano, almeno fino al punto di poter tenere la testa fuori dall’acqua.  Non voglio qui entrare nel dettaglio dell’applicazione che comunque mi è solo parzialmente chiara. Posso solo anticipare che l’applicazione prevede la definizione della rete lato PLC, l’esportazione dal PLC di un file XML che viene passato al software ufficale ETS5 della Konnex con il quale si fa la configurazione della rete KNX fisica. 

Nel caso DALI, il software WagoDaliConfigurator genera dei pacchetti di configurazione che transitano attraverso la CPU del PLC, arrivano al modulo Wago Dali Master (nel mio caso il 753-0647) e da li vengono inoltrati tramite bus DALI ai vari Driver Dali disseminati lungo la rete. In questo modo la configurazione della rete viene fatta tutta utilizzando il cavo Ethernet connesso alla CPU, lo stesso cavo utilizzato per la programmazione ed il debug del programma PLC.

 

 

In questo modo non è necessario utilizzare hardware ad hoc per la configurazione della rete DALI. Si può utilizzare lo stesso PC utilizzato per la programmazione del PLC, lo stesso cavo ethernet per connettere il PC al PLC e il flusso di configurazione passa quindi dal Wago Dali Configurator ai devices DALI passando attraverso il PC, la CPU del PLC ed il modulo DALI controller 753-0647. 

Anche se le attività di programmazione del PLC e di configurazione del DALI possono passare attraverso lo stesso canale ethernet, occorre evitare assolutamente la sovrapposizione delle due attività. Quando il sw Wago Dali Configurator è online sul bus DALI non è possibile contemporaneamente andare online sulla CPU. Se si dimentica questo limite ci si ritrova inspiegabilmente a non riuscire ad andare online sul PLC. RIcordare quindi:

  • quando si va online sul PLC non si può andare online sul bus DALI
  • quando si va online sul bus DALI non si può andare online sul PLC

Nel caso KNX invece la cosa è più complessa. Come dicevo prima, la configurazione viene fatta nel sw PLC, da qui si esporta un file XML che viene passato al software KNX ETS5 sul quale viene fatta la configurazione della rete fisica DALI. Ma il sw ETS5 non può collegarsi alla rete KNX tramite la CPU Wago e il modulo KNX/EIB/TP1 Interface 753-0646. Occorre invece un gateway, tipicamente una chiavetta USB da inserire nel PC dove viene eseguito l’ETS5, che dall’altro lato si collega alla rete KNX e che permette quindi la configurazione fisica dei singoli punti KNX. Occorre quindi una interfaccia ad hoc, che viene utilizzata solo per la configurazione.

 

Il PC utilizzato per la configurazione della rete fisica KNX può essere lo stesso usato per configurare il PLC o uno diverso. Deve però essere chiaro che, diversamente da quanto avviene nel caso DALI, il flusso di configurazione non può passare attraverso la CPU del PLC e il modulo 753-0646 per arrivare ai devices KNX. Il flusso di configurazione deve raggiungere i devices KNX attraverso il bus KNX, passando per un gateway apposito, sia esso USB o ethernet. 

Se troverò il tempo cercherò di scrivere un piccolo tutorial dedicato a questa operazione non proprio banale.

Una volta capito come fare, ed eseguite queste operazioni, sono riuscito a mettere in piedi tutta la rete DALI + KNX. Quando l’utente preme un pulsante KNX il PLC riceve l’informazione e accente o spegne o regola uno o più punti luminosi DALI relativi a quel pulsante.

Tutto a posto? Neanche per idea. Dopo qualche giorno di funzionamento regolare il cliente mi chiama inferocito per dirmi che il sistema si è bloccato e che non funziona più niente. Si è proprio bloccato tutto, il PLC non reagisce più, come se fosse morto. Mi reco sul posto, spengo e riaccendo il PLC. Niente, non va in RUN. Ha il led di RUN che lampeggia, rosso. Guardo sul manuale e mi dice che l’errore segnalato corrisponde alla situazione di “programma assente”. Provo a ricaricare il programma, ma non c’è verso, il PLC non accetta il programma. Eseguo il PING all’indirizzo IP della CPU e questa risponde. Ma di andare online e scaricare il programma non se ne parla. Il panico inizia a serpeggiare, ed il cliente è sempre più nervoso. Mi gioco la carta del reset di fabbrica. Il PLC torna come nuovo, e posso ricaricare tutto, il sistema riparte. C’è da dire per altro che con il Wago non c’è verso di caricare tutta la configurazione dal progetto. Alcune caratteristiche del PLC vanno necessariamente configurate tramite l’interfaccia web WBM (Web Based Management). Comunque me ne vado risollevato ma perplesso. Come mai è successa questa cosa?

Ovvio che, a distanza di qualche giorno e ad intervalli assolutamente irregolari l’evento si ripete. Con l’aggravante che, siccome il PLC gestisce anche le pompe di rilancio in fogna delle acque di cucina, quando il PLC si blocca le acque tracimano e finiscono sul pavimento. E vi garantisco che le acque di cucina di un ristorante sono davvero fetide. Immaginate cosa succede quando odori fetidi invadono la cucina e le sale di un ristorante di lusso. Il cliente è furioso. E Wago, interpellata, avanza le ipotesi più improbabili: forse la memoria non è sufficiente, forse la CPU non è abbastanza potente…. Controlliamo l’occupazione di memoria della CPU e i tempi di esecuzione del programma, e onestamente non sembra che siamo vicini al limite. 

Ma tant’è, all’ennesimo blocco della CPU cerchiamo di capire quando è iniziato il dramma, e puntiamo il dito sul momento in cui abbiamo attivato la rete KNX. Decidiamo quindi di disattivare tutti i blocchi sw relativi al KNX, ed il problema scompare. Chiaro quindi che abbiamo qualche problema con il konnex. 

Wago, interpellata, è sempre più perplessa. Ci consigliano di passare alla CPU di taglia superiore, una PCF200 8212. Ce la consegnano in tempi rapidi, vado a sostituire la CPU e poi riattivo il KNX. Tutto sta in piedi regolarmente. Bene, finalmente. 

Proviamo a spegnere e riaccendere, per vedere se il software riparte regolarmente: morto. Ma come “morto”? Che significa? C’è il solito LED rosso lampeggiante di RUN. Come dire “non ho più il programma da eseguire”. Ricarico il programma e il sistema riparte. Ripetiamo l’operazione più volte, ed il risultato è sempre lo stesso:  dopo uno spegnimento e successiva riaccensione del PLC il programma sparisce e va ricaricato. Come dire che se va via la luce il PLC non riparte. Grandioso! Mettiamo un UPS, tanto per proteggerci da piccoli black-out inferiori ai 20′, che Dio ce la mandi buona!

I tecnici di Wago ci dicono comunque che il nostro software è scritto male (grazie!), che usiamo troppe variabili ritentive e che abbiamo tutto il sw in un unico task, mentre lo dovremmo segmentare in diversi task con tempi di esecuzione differenziata. Il vero problema è che:

  • non c’è modo di sapere con certezza quanta memoria ritentiva stiamo utilizzando. Ci dicono, genericamente “ne utilizzate troppa”. Si, ma troppa quanto? L’unico riferimento è il data-sheet dell’8212 che dice che l’8212 ha 128kB di memoria ritentiva di cui 104kB utilizzabili per le variabili ritentive. E va bene. Ma come faccio a sapere quanta ne sto utilizzando? Non si sa. 
  • non c’è modo di sapere in base a quale criterio dovrei segmentare il programma in task a cadenza temporale differenziata. Dove lo trovo il criterio?

Decidiamo di soprassedere, anche perché il cliente è già furioso e non vede di buon occhio i nostri interventi, in quanto ogni volta che si ricarica il programma nella sua completezza il sistema si blocca per il tempo necessario al download completo con conseguente arresto delle utenze e indesiderati spegnimenti delle luci.

Passano le settimane e il sistema sta in piedi senza problemi. Alleluya! Si, d’accordo, non possiamo spegnere il PLC, ma speriamo nell’UPS. 

Finchè un giorno, dopo 6 settimane, il sistema si blocca di nuovo. Bestemmie. Grazie al cielo adesso abbiamo una VPN e possiamo collegarci da remoto. Il PLC sembra online, il server WEB funziona, e riesco a collegarmi. Quindi non è morto come in precedenza… Si, certo, il server WEB funziona, ma tutta la logica sottostante è morta. Non aggiorna neanche l’orologio sulla pagina web. Beh, provo a mettere il PLC in stop e poi di nuovo in run. Niente, non riparte. Nella diagnostica trovo un messaggio illuminante che dice che “un processo ha generato un’eccezione”. Quale processo? Che eccezione? Mistero. E io dove vado a cercare?

Insomma, ricarico il programma da zero, e il sistema riparte. Si, certo, ma viviamo con il fiato sospeso. E infatti dopo qualche giorno il sistema si blocca di nuovo. E poi di nuovo. 

Quelli di Wago ci dicono “colpa vostra che non avete ancora ridotto le variabili ritentive e segmentato il programma”. Si, certo, colpa nostra, come no.

Per farla breve, installiamo una versione del programma rimaneggiata secondo le indicazioni di Wago. Variabili ritentive ridotte all’osso e programma segmentato. Prima indicazione: il programma riparte anche dopo lo spegnimento, alleluya. Per lo meno adesso non dobbiamo aver paura dei black-out. Si verificherà di nuovo il problema del blocco? E chi lo sa? Per adesso sono due giorni  che funziona. Incrociamo le dita.

Una cosa è certa: problemi simili con PLC di altre marche (Siemens, Rockwell, Schneider) non ne abbiamo MAI avuti. Mai. Un PLC per definizione non si dovrebbe mai bloccare. Può guastarsi, oppure può andare in errore. Ma in quei casi ci sono tutte le indicazioni sul perché il PLC è andato in errore. E non può certo andare in una situazione che non si possa risolvere con un classico ciclo di power-off.  E non può certo “perdere il programma” quando si spegne. 

Insomma, non posso certo dire di essere soddisfatto. 

Per ora il sistema sta in piedi, ma fino a quando? L’esperienza precedente ci dice che neanche due mesi di funzionamento ci garantiscono di aver risolto il problema.

Greta, che palle!

Siamo alluvionati dalle notizie su Greta e sulla sua dilagante iniziativa Fridays for Future. Alluvionati dalla retorica ambientalista e, in tono minore, dai ringhi delle destre unite nella retorica anti-ambientalista. 

Io, come sempre, ho poche idee ma ben confuse. Per questo leggo, soprattutto gli articoli della destra. Domina, come sempre in questi aridi territori, uno stato d’animo ringhioso, rancoroso, acre, che si riflette anche nel linguaggio, nella scelta degli aggettivi. Quelli che apprezzano Greta sono definiti gretini, intelligente e sapida crasi fra il nome di Greta e l’aggettivo “cretino” che evidentemente estendono a tutti i fan di Greta. Con simile processo lessicale i (pochi) sostenitori del PD diventano pidioti, chi pensa che sia giusto salvare i migranti in mare è un accoglione mentre chi sostiene sia follia l’idea di uscire dall’euro diventa un euroinomane. Beh, non che dall’altra parte si usino i guanti di velluto: Salvini è stato spesso definito il capitone. E’ una sgradevole deriva del linguaggio politico che predilige rapidi e poveri giochi di parole di sicuro effetto. 

Comunque, linguaggio a parte, resta il fatto che molti giovani e meno giovani sono affascinati dal messaggio di Greta. I primi per sano entusiasmo giovanile, per quella incontenibile voglia di cambiare in meglio il mondo. I meno giovani si dividono fra quelli sinceramente preoccupati per i disastri ecologici e quelli che si accodano al flusso, vuoi per riemergenti nostalgie barricadiere, vuoi per pigro conformismo, alcuni approfittando della situazione per guadagnarsi un grammo di visibilità, nella speranza di guadagnare qualche consenso, qualche briciola di voto.

Cercando di ridurre la questione all’osso, il confronto è fra quelli che sono preoccupati per lo stato presente e futuro dell’ambiente in cui viviamo e quelli che negano che ci sia qualcosa di cui preoccuparsi e che accusano gli ambientalisti di essere o stupidi o ignoranti o corrotti.

Ho cercato di chiarirmi le idee sulle questioni chiave, il riscaldamento globale, la sua origine antropica e le possibili conseguenze. Poi, ovviamente, le energie rinnovabili, la questione dell’auto elettrica e mille altre cose. 

Le obiezioni sono di varia natura. Si va dal semplice e misurato “non è vero un cazzo, ci avete proprio rotto i coglioni: il riscaldamento globale non esiste, anzi, d’inverno fa un freddo fottuto! E non è vero che il livello del mare si sta alzando.” al più elaborato “ok, il riscaldamento globale forse è vero, ma è successo in passato, succederà in futuro e le attività umane non c’entrano niente. Così come è una bufala l’innalzamento dei mari, sono normalissime oscillazioni naturali“. 

Osservazioni suggestive e tranquillizzanti. Fosse così potremmo smettere di preoccuparci, continuare tranqulli ad usare l’auto anche per andare al bar all’angolo, tenere accese tutte le luci di casa, lasciar scorrere l’acqua per ore e fare uso di tutte le plastiche possibili. 

O no?

A cercare i dati, i numeri, si va a sbattere contro il muro dei dati aleatori. Potrei mettere qui una marea di link, e forse lo farò, ma purtroppo internet è il suk delle certezze, basta chiedere e trovi dati che confermano la tua tesi, qualunque essa sia. Prendiamo ad esempio la valutazione dei consumi dei vari tipi di veicolo. Cito da questo articolo tratto da Wired-it:

Iniziamo con una precisazione: esistono diverse stime relative all’impatto ambientale delle differenti forme di trasporto oggi disponibili, ma i numeri sono estremamente ballerini. Differenti agenzie nazionali e internazionali offrono stime diverse, e su alcuni particolari non esistono certezze. Per fare un esempio, a parità di emissioni un viaggio in aereo dovrebbe inquinare più di un trasporto terrestre, perché gas come gli ossidi di azoto hanno effetti più drammatici e duraturi sul clima se emessi in quota (come capita con i motori degli aerei), rispetto a quanto avvenga sulla superficie. Quantificare questi effetti però non è facile. Per questo motivo l’International Civil Aviation Organization (Icao) non ne tiene conto quando calcola l’impatto dei voli aerei in termini di emissioni inquinanti. Mentre il Department for Business, Energy and Industrial Strategy (Beis) del governo inglese per rendere più realistici i suoi calcoli aumenta del 90% le statistiche sulle emissioni del traffico aereo. Detto questo, nonostante qualche differenza nei numeri la classifica dei mezzi di trasporto più inquinanti è abbastanza chiara.

Insomma, il problema dei numeri è che dipendono dai criteri di valutazione. Anche ad essere in buona fede, agenzie diverse forniscono dati diversi. Poi ci sono le valutazione totalmente divergenti, i dati che variano a secondo di chi li propone. Per dire, parliamo di CO2. Il sito della NASA ci propone questo grafico che descrive l’andamento della CO2 negli ultimi 800’000 anni:

E’ facile vedere come negli ultimi anni la CO2 sia salita in maniera netta e molto al di sopra rispetto agli 800’000 precedenti, approssimativamente il doppio rispetto alle oscillazioni del passato. 

In compenso c’è chi (ad esempio tale Lorenzo Zuppini sul sito sovranista “il Primato Nazionale”) ci dice che “L’anidride carbonica è tra i gas capaci di trattenere il calore dei raggi solari ed è costantemente accusata di essere prodotta in eccesso dalle attività lavorative dell’uomo. Sapete quanta ne produciamo, in realtà? Il 4,5%“. Come dire “un niente”, ma in grado di produrre una variazione verticale doppia rispetto a quasi un milione di anni precedenti. Vien da chiedersi quale fenomeno, assente negli 800’000 anni precedenti, possa aver causato una tale impennata della concentrazione di CO2.

Per dire, proviamo a guardare all’aumento di temperatura. Il solito sito della NASA dice: “The planet’s average surface temperature has risen about 1.62 degrees Fahrenheit (0.9 degrees Celsius) since the late 19th century, a change driven largely by increased carbon dioxide and other human-made emissions into the atmosphere“. Quindi 0.9C° dalla fine del 1800. E cosa ci dice il nostro sovranista Lorenzo Zuppini? “La temperatura si alza: e sticazzi? Dal 1880 a oggi, l’incremento effettivo della temperatura è stato di 0.6 °C.“. Certo, non è una differenza abissale, ma da 0.6°C a 0.9°C c’è un errore del +50%, insomma. 

Poi si può discutere se un incremento di 0.6 o 0.9°C debba o meno preoccuparci. C’è, ovviamente, chi dice no, e chi dice invece che la cosa potrebbe avere effetti catastrofici. Chi? Da un lato, ad esempio, c’è la NASA, il IPCC, il NOAA, la quasi totalità dei climatologi e dei meteorologi. Dall’alto una sparuta pattuglia di eroici scienziati dissidenti, raramente esperti del ramo. Beh, sparuta mica tanto! Recentemente (non ho trovato la data) ben 500 scienziati hanno scritto una lettera al Segretario dell’ONU per protestare contro tutto questo allarmismo sulla questione climatica.

Eh beh, ragazzi, 500 scienziati non sono tantissimi, ma è un bel punto di inizio, vero? Vediamo allora chi sono questi 500 scienziati. Non abbiamo il CV di tutti, non l’ho trovato, ma partiamo dall’inizio e poi vediamo.

  • Il professor Guus Berkhout è un ingegnere olandese che ha lavorato per la multinazionale petrolifera Shell;
  • Il professor Reynald Du Berger insegna geofisica all’Università del Quebec;
  • Il professor Ingemar Nordin è un filosofo considerato uno dei maggiori rappresentanti del neoliberismo svedese, ovvero la dottrina economica in base alla quale il mercato deve regolarsi da sé, scevro da ogni condizionamento da parte delle istituzioni;
  • Terry Dunleavy è un ex giornalista neozelandese, è stato anche un tipografo commerciale e ha lavorato nel settore vinicolo;
  • Jim O’Brien è un consulente energetico irlandese. Inoltre è il presidente onorario del Uepg, una associazione che rappresenta un insieme di aziende che assieme fatturerebbero 20 miliardi di euro, sparse in 30 Paesi europei «e fa pressioni [lobbies] sulle principali sfide del settore con istituzioni europee, Ong e altre parti interessate». Buona parte delle industrie rappresentate sono estrattive, insomma non proprio il massimo dal punto di vista dell’indipendenza circa tematiche legate al cambiamento climatico;
  • Il geologo australiano Viv Forbes è il presidente della Carbon Sense Coalition, creata appositamente per «difendere il ruolo del carbonio sulla terra e nell’atmosfera»;
  • In professor Alberto Prestininzi è un geologo in pensione, è stato anche membro del Comitato tecnico scientifico per il Ponte sullo Stretto di Messina.
  • Il professor Richard Lindzen è forse il più competente tra i firmatari. Fisico dell’atmosfera è stato anche docente di meteorologia al Mit, inoltre è stato anche un conferenziere del Cato institute. Lindzen è stato uno dei primi ad aver parlato di «allarmismo climatico».

E, a proposito del prof. Lindzen, vale la pena di notare che il suo lavoro è stato criticato diverse volte da climatologi come Gavin Schmidt, il quale fece notare anche diverse imprecisioni nella presentazione dei dati relativi alla temperatura, in maniera così palese da ottenere persino le scuse di Lindzen. Del resto il professore si è dimostrato anche contraddittorio in diverse affermazioni, come quella in cui confonde il concetto di “incertezza” con quello di “ignoranza”.

Per chi volesse approfondire si trovano in rete moltissimi articoli che parlano di questa famosa lettera, fra i quali mi pare corretto citare questo, da cui ho tratto alcuni estratti, e quest’altro da ilGiornale, che parteggia apertamente per il gruppo dei 500.  Vale appena notare che ilGiornale elenca alcuni dei 500, sorvolando elegantemente sulle competenze. Alcuni vengono pudicamente citati come “professore”. Altri, per modestia, neanche questo. Vedere per credere:

Gli ambasciatori e portavoce di questa idea sono: Guus Berkhout, professore (Paesi Bassi), Richard Lindzen, professore (Stati Uniti), Reynald Du Berger, professore (Canada), Ingemar Nordin, professore (Svezia), Terry Dunleavy (Nuova Zelanda), Jim O’Brien (Irlanda), Viv Forbes (Australia), Alberto Prestininzi, professore (Italia), Jeffrey Foss, professore (Canada), Benoît Rittaud, docente (Francia), Morten Jødal (Norvegia), Fritz Varenholt, professore (Germania), Rob Lemeire (Belgio), Viconte Monkton of Brenchley (Regno Unito).

I soliti maligni, mi par di sentirli, hanno pronta la domanda: professori ddechè? Ma non c’è risposta, per lo meno non ne ilGiornale. 

A questi 500 potrei certamente aggiungere il nostro emerito prof. Zichicchi e molti altri, che hanno presentato al presidente della Repubblica una petizione. che fra le altre cose dice: “E’ scientificamente non realistico attribuire all’uomo la responsabilità del riscaldamento osservato dal secolo passato ad oggi. Le previsioni allarmistiche avanzate, pertanto, non sono credibili, essendo esse fondate su modelli i cui risultati sono in contraddizione coi dati sperimentali. Tutte le evidenze suggeriscono che questi modelli sovrastimano il contributo antropico e sottostimano la variabilità climatica naturale, soprattutto quella indotta dal sole, dalla luna, e dalle oscillazioni oceaniche.” 
Ok, Zichicchi è certamente un grande scienziato, ma è un fisico delle particelle. Come la quasi totalità dei (pochi) scienziati che ritengono non plausibile la convinzione generale sull’origine antropica dei cambiamenti climatici, non è un esperto climatologo e neanche un meteorologo. Provo ad essere più chiaro: gli esperti del ramo sono praticamente tutti concordi nel ritenere che l’uomo stia facendo grandi danni e che sia ora di porre rimedio. Alcuni non esperti invece ritengono che sia tutta una bufala, un complotto, o semplicemente una follia collettiva. Come dire: gli esperti sono preoccupati, i non esperti fanno spallucce. 

A costo di essere ripetitivo: par di capire che gli esperti del settore climatologico e meteorologico hanno grosso modo tutti un atteggiamento preoccupato. Tutti “gretini”, non tanto perché si schierino con Greta, che è l’ultima arrivata sulla scena, ma perché sostengono che se continuiamo su questa strada rischiamo di pagare pesanti conseguenze. E lo dicono con fior di studi che seguono il famoso iter della pubblicazione su riviste scientifiche e della “peer review“, ossia la la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca proposti da membri della comunità scientifica effettuata attraverso una valutazione di specialisti del settore che ne verificano l’idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate o, nel caso dei progetti, al finanziamento degli stessi, evitando errori, distorsioni, bias, plagi, falsità, o truffe scientifiche.

Gli “altri”, una sparuta minoranza, non mi risulta che abbiano pubblicato studi credibili.

C’è una seria obiezione a questa cosa della peer review e della pubblicazione. C’è una corrente di pensiero che dice “certo, ovvio che non ci sono pubblicazioni di studi contrari al mainstream! I comitati scientifici incaricati della selezione sono in mano alle lobbies ambientaliste! Uno scienziato serio non ha possibilità di far carriera e di pubblicare, se rifiuta di allinearsi al pensiero dominante politicamente corretto“. Ipotesi suggestiva, la stessa che viene regolarmente utilizzata per dimostrare la credibilità di:

  • Movimenti anti-vaccini
  • Coloro che affermano che la cura contro il cancro esiste, ma la tengono nascosta per garantire i guadagni dell’industria farmaceutica mondiale: “CANCRO : B17, la vitamina anticancro B17, la vitamina anticancro boicottata dalle multinazionali farmaceutiche per questioni di utili La vitamina B17 è presente nei noccioli amari di albicocca, e di pesca e nelle mandorle amare.
  • Coloro che affermano che non serve curare il cancro, basta bere succo di limone, assumere bicarbonato, mangiare vegetariano ecc ecc
  • Coloro che affermano che l’AIDS non esiste, è una bufala che serve a garantire guadagni ecc ecc: “Grazie al terrore creato intorno alla malattia sin dal suo apparire, è stato possibile far accettare la somministrazione di farmaci altamente tossici, che hanno portato benefici solo alle multinazionali che li producono. “
  • Coloro che affermano che la terra è piatta.
  • Coloro che affermano che Tesla ha inventato un modo per avere energia gratuita per tutti, ma la lobby del petrolio e del nucleare ce lo tiene nascosto (“Già 116 anni fa c’era la visione di un mondo con l’energia pulita e libera o free energy, gratuita da non misurare con un contatore per poi mandare una bolletta da pagare a ogni singolo    cittadino. In questa visione era contemplata la libertà dal giogo delle multinazionali, un nuovo modo di vivere in un mondo moderno con l’energia fornita liberamente da Madre Terra. L’oligarchia economica di allora, sostanzialmente la stessa di adesso, non volle assolutamente rinunciare ai suoi stratosferici profitti che provenivano dall’imporre ad ogni cittadino di pagare una quota per cucinare, illuminare la sua casa, scaldarsi, lavarsi, viaggiare, in definitiva per vivere nel mondo civilizzato.“)

E si potrebbe andare avanti parecchio, elencando tutta una serie di ipotesi non dimostrate perché “le lobby, le élite, le multinazionali ce lo tengono nascosto controllando la scienza ufficiale”.

Quel che manca per rendere il tutto credibile, nel caso della supposta emergenza climatica, è il mandante. 

Voglio dire, nel caso dei vaccini, del cancro, dell’AIDS e dell’energia gratuita e abbondante è chiaro che i mandanti possono essere le multinazionali del farmaco e dell’energia. Tutti capiscono che una multinazionale o un pool di queste potrebbe effettivamente usare il proprio potere economico per piegare la ricerca scientifica ai propri beceri e inconfessabili interessi. Basta pagare o minacciare chi di dovere ed ecco che gli studi scientifici “liberi” vengono boicottati,  nascosti. Gli scienziati non possono pubblicare i loro studi sulle più blasonate riviste scientifiche o, peggio ancora, vengono isolati e messi in condizione di non poter fare il loro lavoro.

Ma nel caso della cospirazione mondialista ecologista non è chiarissimo chi dovrebbe essere il mandante. Le multinazionali? Beh, no! Le multinazionali del petrolio e del nucleare preferiscono finanziare studi CONTRO l’emergenza ambientale, preferiscono la versione dei 500 eroici scienziati liberi. E chi, al mondo, ha più soldi e più potere delle multinazionali dell’energia? Soros? La cospirazione pluto-giudaico-massonica? E a che scopo? 

Tutte domande che noi, che non siamo esperti climatologi, dobbiamo porci per cercare di capire quali sono gli interessi in gioco.

E torniamo a Greta. E’ facile farle le pulci e trovare delle pecche, degli errori nei suoi discorsi. E’ una ragazzina di 16 anni che non dovrebbe avere tutto questa copertura mediatica. Ma i media hanno bisogno di fenomeni, e la povera Greta ha tutte le caratteristiche per assicurarsi le prime pagine: è giovane, determinata, testarda, e in più ha questa cosa un po’ misteriosa che è la sindome di Asperger. La domanda che sorge spontanea ai suoi detrattori è “chi c’è dietro?”. Già, vuoi mica che qualcuno possa fare qualcosa solo perché ci crede, ci vuole sempre il complotto, dietro. E infatti ecco puntuale, dalla scuderia de ilGiornale, l’articolo di InsideOver, dal titolo stentoreo: Ecco chi c’è davvero dietro Greta Thumberg. Mica paglia. Mi fiondo nella lettura (fatelo anche voi, ne vale la pena) e trovo finalmente la cruda verità: “Secondo Andreas Henriksson, giornalista d’inchiesta svedese, c’è chi sull’immagine di questa ragazza adorabile ci ha marciato, eccome. Secondo la sua ricostruzione, lo sciopero scolastico altro non era che parte di una strategia pubblicitaria più ampia per lanciare il nuovo libro della madre di Greta, la celebre cantante Malena Ernman – che nel 2009 partecipò anche all’Eurovisione vanta diverse apparizioni televisive. E il grande stratega mente di questa campagna sarebbe Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità, che ha sfruttato a sua volta l’immagine della ragazza per lanciare la sua start up.” Non starò qui a riportare altri estratti dell’articolo, non vorrei rischiare qualche citazione per plagio. Ma capito il terribile retroscena? Dietro di Greta c’è niente di meno sua madre! E l’esperto di marketing che vuole lanciare la sua start-up. Ma come, niente Soros? Niente rivelazioni sul grande complotto? Tutto qui? Cioè, tutto il mondo si fa menare per il naso da una grande cantante per altro poco famosa fuori dalla Svezia, e da un “grande esperto di marketing” che sta ancora cercando di far decollare la sua start-up? Siamo a posto!

Greta non è uno scienziato, è una ragazzina probabilmente poco informata, ma non è la prima a tirare il campanello d’allarme! Prima di lei ci sono praticamente tutti gli scienziati che si occupano di clima (a parte i nostri 500 eroi, che però di clima pare che ne sappiano pochino, perché per professione si occupano per lo più d’altro), la NASA, l’IPCC (ONU), e parecchie altre agenzie. 

Tutto vero allora? Tutto risolto? No, ci sono dubbi riguardo alle rilevazioni delle temperature. Qualcuno dice che il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) potrebbe aver aggiustato i dati relativi all’aumento delle temperature. Ci sono vari articoli online, come questo del Daily Mail che dice niente di meno: “Due settimane fa, sotto il titolo “Come siamo ingannati da dati imperfetti sul riscaldamento globale”, ho scritto di Paul Homewood, che, sul suo Notalotofpeopleknowt quel blog, aveva controllato i grafici di temperatura pubblicati per tre stazioni meteorologiche in Paraguay contro le temperature che era stato originariamente registrato. In ogni caso, la tendenza effettiva di 60 anni di dati era stata radicalmente invertita, così che una tendenza di raffreddamento fu cambiata in una che mostrava un marcato riscaldamento.” Ah perbacco, qui si parla addirittura di frode, di dati manipolati. Potenza della lobby ecologista, vero? Sarà anche vero che non hanno dalla loro i fondi pressoché illimitati delle multinazionali dell’energia, ma riescono addirittura a condizionare l’ONU, la NASA, il NOAA e praticamente tutti gli scienziati del ramo. Che complotto ragazzi! Beh, per bilanciare un po’ la cosa,  quei ragazzacci di Snopes: hanno fatto un articolo molto rigoroso (e lungo!) che vi invito a leggere. Qui riporto solo la conclusione: “Mentre Karl et al potrebbero ragionevolmente essere criticati per essere stati meno che rigorosi nella loro documentazione dei dati, i loro risultati sono stati verificati indipendentemente, contrariamente alle affermazioni secondo cui gli autori hanno manipolato i dati per raggiungere la conclusione desiderata:
Quello che David Rose non menziona è che i nuovi risultati NOAA sono stati validati da dati indipendenti provenienti da satelliti, boe e galleggianti Argo e che molti altri gruppi indipendenti, tra cui Berkeley Earth e il Met Office Hadley Centre del Regno Unito, ottengono effettivamente gli stessi risultati.
L’affermazione di Rose secondo cui i risultati di NOAA “non possono mai essere verificati” è palesemente errata, poiché abbiamo appena pubblicato un documento che verifica in modo indipendente la parte più importante dei risultati di NOAA.

Non pretendo qui di arrivare ad alcuna conclusione definitiva. Ognuno resta probabilmente della sua idea, anche perché ormai ci si muove per tribù, non per serena analisi dei dati. 

Il mio intento era solo di sottolineare il fatto che, comunque la si pensi, le conseguenze dell’inquinamento dell’aria, dei fiumi, delle terre e dei mari sono sotto gli occhi di tutti. Nessuno può negare il fatto che le calotte si stanno restringendo, che gigantesche isole di plastica stanno coprendo larghe aree dei nostri mari, che le microplastiche sono ormai ovunque, anche nello stomaco dei pesci che mangiamo, che i morti per inquinamento atmosferico sono milioni: “Il rapporto ha rilevato che nel 2015 sono morte 8,8 milioni di persone a causa dell’inquinamento atmosferico, nonostante le stime precedenti prevedessero solo 4,5 milioni di morti.“. Allora mi pare strano liquidare tutto come un complotto di non si sa quale entità e sadio per quali motivi. 

Il fatto è che i problemi esistono davvero. Ma, da sempre, ci sono due correnti di pensiero. Quelli che si preoccupano e quelli che se ne fregano. 
Quelli che si preoccupano spesso fanno errori, come tutti. E a volte alcuni di loro cercano copertura mediatica, cercano un posto al sole, o semplicemente trovano una nicchia mediatica in cui fare la loro piccola fortuna fatta di libri, di passaggi televisivi, di conferenze. O magari fondano un partito verde, un movimento, e si garantiscono un futuro, magari un posto in parlamento. 
Oppure semplicemente sbagliano nelle previsioni. Per dire, sono 50 anni che si dice che il petrolio sta per finire, e siamo ancora qui con le nostre macchine a benzina e i camion a gasolio. Può anche essere che, come dice Zichichi :”il clima rimane quello che è: una cosa di cui si parla tanto, senza usare il rigore logico di un modello matematico e senza essere riusciti a ottenere la prova sperimentale che ne stabilisce il legame con la realtà. “. Potrebbe essere che il modello matematico utilizzato dagli scienziati non sia corretto, e non abbiamo la “prova sperimentale” della sua correttezza. Ma noi gente comune, senza una preparazione scientifica specifica, non abbiamo gli strumenti teorici per capire chi ha ragione, se i climatologi o i fisici delle particelle. Volendo ricorrere ad un po’ di buon senso, verrebbe voglia di usare un vecchio detto milanese: “ofelè fà il tò mestée“, verrebbe cioè voglia di dar retta a Zichicchi per quanto riguarda i problemi di fisica delle particelle, e ai climatologi per quanto riguarda le questioni del clima. Semplicistico? Forse. Sicuro? No di certo, potrebbero aver ragione Zichicchi & C. Ma date di nuovo un’occhiata alle referenze degli scienziati che si oppongono agli allarmi degli ambientalisti.

Greta sarà anche una gran rompipalle, ma non è uno scienziato e non lo vuole essere. E’ il dito che indica la luna. E molta gente continua a guardare il dito, e a dire che ha l’unghia sporca. 

EDIT 10/10/2019

Ho ricevuto, su un altro blog, vari commenti negativi che mi hanno stimolato ulteriori riflessioni.

Prima di tutto occorre parlare della differenza che c’è fra le scienze esatte (o scienze dure o naturali, come pare sia più giusto definirle) e le scienze molli. Invito tutti a leggere l’articolo di wikipedia che spiega la differenza. Ma per i più pigri ricordo solo che le scienze dure sono “quelle in cui predominano i dati quantitativi, raccolti con misure sperimentali ripetibili ed elaborati con formule matematiche, analisi statistiche e grafici“. Cosa che non è possibile fare con scienze che si occupano di un gran numero di elementi (es: le molecole d’acqua, gli atomi e le molecole che compongono l’atmosfera ma anche le persone, gli investitori, i consumatori) i cui movimenti non sono matematicamente ed esattamente prevedibili. Nelle scienze molli non è possibile fare esperimenti di laboratorio ripetibili, e neanche spiegare e prevedere esattamente i fenomeni mediante formule matematiche per quanto complesse. Quel che si può fare è andare per tentativi, per approssimazioni successive. Si raccolgono dati statistici e si cerca una formula matematica, un modello, che ricalchi il più possibile i dati raccolti. Poi si fanno delle previsioni con il modello trovato e si otterranno SICURAMENTE degli errori. Il modello andrà quindi modificato per tener conto dei nuovi dati, e così via. Alla base di questo processo ci sono ovviamente computer sempre più potenti per elaborare modelli matematici sempre più complessi. Non ci sarà mai, credo, il modello matematico definitivo per ottenere previsioni meteorologiche esatte al millesimo nel lungo periodo. Ma ogni modello sarà più preciso del precedente. Avremo computer più potenti, il 5G e l’IOT  renderanno disponibili dati sempre più dettagliati migliorando il processo di iterazione da un modello preciso ad uno ancora più preciso.
Questo significa che non dobbiamo fidarci dei modelli? Questo mi pare un atteggiamento stolto. I modelli sbagliano e sbaglieranno sempre. Ma sbagliano sempre di meno, come dimostrano le previsioni meteo sempre più precise. Anche i modelli matematici usati dagli economisti sbagliano, ci mancherebbe. Ma vengono ugualmente utilizzati, perché è meglio comunque avere una qualche indicazione che non averne nessuna. Per quanto riguarda le questioni climatiche e più specificamente l’AGW (Anthropogenic global warming), gli scienziati che sostengono questa ipotesi fanno uso di modelli matematici che qualcuno (es. Zichichi) ha definito “non dimostrati”. Come ho detto prima, ogni modello matematico parte dai dati raccolti. Come tutti i modelli matematici non sarà certo perfetto, ma mi risulta essere l’unico attualmente disponibile. Da quel che ne so, e resto in attesa di smentite, non esistono modelli matematici alternativi a quello dell’AGW. 
La questione, ridotta all’osso, è la seguente: la produzione di CO2 ed altri gas serra POTREBBE avere conseguenze nefaste sul clima degli anni e dei decenni a venire. Oppure no. La stragrande maggioranza dei climatologi pensa che le conseguenze potrebbero esserci, in base ai modelli che hanno elaborato. Qualcuno invece pensa che siano tutte balle. Chi ha ragione? Lo sapremo solo con il tempo, e forse lo sapranno i nostri figli o i nostri nipoti. Vale la pena di preoccuparsi? Beh, le previsioni dei primi sono abbastanza spaventose, se avessero ragione loro varrebbe sicuramente la pena di preoccuparsi. 
Tutto sta a capire se il gioco vale la candela, tutto sta a capire cosa si rischia. 

Intelligenza artificiale

Se ne parla sempre, ovunque. E comunque non abbastanza, non nelle sedi giuste. E la gente ha le idee confuse. 

Oggi ormai anche il frullatore è interconnesso e gestito (dicono) dall’intelligenza artificiale, spesso abbreviata in IA, all’italiana, o in AI, all’inglese.

E se ne parla spesso a sproposito. 

In queste brevi note vorrei tentare di spiegare cos’è la IA e cosa non è.

(Quando ho iniziato a scrivere l’intenzione era di buttar giù poche idee sintetiche. Ma poi l’entusiamo mi ha preso la mano….)

Nel caso tragico dei recenti incidenti aerei che hanno visto coinvolti due aeromobili 737Max si è parlato di automatismi fuori controllo, di software troppo complessi, di sistemi che richiedono conoscenze informatiche di alto livello per essere pilotati. Si è scomodato persino il pres.Trump affermando che “Gli aerei di oggi sono troppo complessi. Non voglio che a guidarli sia Einstein“, perdendo ancora un’ottima occasione per stare zitto. 

Gli automatismi degli aerei non sono troppo complessi. Non si tratta di un unico software che governa tutto l’aereo, ma di tanti moduli separati, spesso fisicamente confinati in computer separati, ognuno per un compito specifico. 

E ognuno di questi computer facilita il lavoro del pilota, tanto che il numero dei membri di equipaggio in cabina è passato da quattro a due. Nei tempi andati, quando si doveva fare tutto a mano, oltre ai due piloti erano presenti in cabina, soprattutto sui grandi aerei nei voli transoceanici, l’ingegnere di volo ed il navigatore. I loro compiti sono stati adesso sostituiti da sistemi elettronici che gestiscono autonomamente i motori, il condizionamento, la navigazione. 

Questi sistemi automatici hanno una caratteristica precisa, non sono “intelligenti”, nel senso che svolgono un lavoro preciso in un modo prevedibile, matematico, logico. Si pensi ad esempio al sistema FADEC di controllo dei motori:

electronic engine control aircraft Best of Schematic of a jet engine Fadec control system

 

Il sistema si limita a ricevere dal pilota la richiesta di potenza dalla manetta. E pensa a tutto il resto, regolando i vari attuatori per ottenere la potenza richiesta. Ogni attuatore viene regolato in base ad una legge matematica, il comportamento del sistema è, in qualche modo, meccanico e totalmente prevedibile. L’intelligenza, in tutto questo, è rischiesta solo in fase di progettazione. Ma il sistema di controllo non è intelligente.

Forse dovremmo fermarci un attimo a tentar di definire cosa intendiamo per intelligenza.  Pensiamo al nostro cervello umano, simile a quello di tanti mammiferi. Nasciamo sostanzialmente incapaci di eseguire qualsiasi compito che non sia quello di succhiare il latte dalla mammella o dal biberon. Tutto il resto lo impariamo, seguendo l’esempio dei nostri genitori, accumulando informazioni. L’intelligenza consiste nel saper risolvere problemi in base all’esperienza accumulata. 

I sistemi di controllo automatico non fanno niente del genere, non accumulano informazioni. Si limitano ad applicare equazioni matematiche stabilite dal progettista. Per ottenere una certa potenza richiesta leggono i sensori di temperatura, pressione, velocità, applicano certe equazioni, regolano l’apertura e la chiusura di certe valvole. Punto. E, soprattutto, quando escono dalle linee di produzione hanno già nel loro software tutte le informazioni che servono, ossia tutta l’intelligenza del loro progettista. E, soprattutto, non fanno niente che il progettista non sappia fare. Magari lo fanno molto più velocemente, questo si. Un po’ come una calcolatrice, che sa fare gli stessi calcoli che sanno fare i progettisti. Solo che li fa molto più velocemente. 

Un passo avanti rispetto ai meccanismi “stupidi” di regolazione sono i sistemi ad autoapprendimento. Si pensi ad un regolatore di temperatura, il termostato di casa nostra. Il suo algoritmo è elementare: quando la temperatura è inferiore a quella desiderata, un relè accende la caldaia. Quando la temperatura sale e supera quella desiderata, los tesso relé spegne la caldaia. Questo è un meccanismo un po’ rudimentale, che crea un andamento ondulatorio della temperatura, un po’ sopra e un po’ sotto rispetto alla temperatura desiderata. A questo si aggiunga che quando il termostato spegne la caldaia, i termosifoni restano caldi per un po’, e continuano a scaldare l’ambiente ancora per un po’. Analogamente, quando il relè accende la caldaia, i termosifoni ci mettono un po’ di tempo prima di andare in temperatura. E quindi il riscaldamento interviene in ritardo, rispetto al necessario. Una “imperfezione” simile nelle nostre case non crea alcun danno, non importa a nessuno se la temperatura oscila di mezzo grado o di un grado. Ma nei processi industriali un simile errore è spesso inammissibile, servono regolatori molto più precisi. E’ possibile allora sfruttare le funzioni di “autoapprendimento”. Per fare questo si lancia il processo di autoapprendimento. Il regolatore effettua dei cicli di prova e memorizza la risposta del sistema. Potrà in questo modo calcolare l’inerzia termica, e aprire e chiudere in anticipo le valvole dell’acqua calda o fredda in modo da minimizzare le oscillazioni di temperatura in un range molto ristretto.  Possiamo parlare in questo caso di “intelligenza”? No, anche se i depliant pubblicitari li descrivono come “controllori intelligenti”. Anche in questo caso l’intelligenza è quella del progettista, che programma una sequenza di autoapprendimento molto rigida e molto prevedibile. Il regolatore esce di fabbrica già pronto ad effettuare il suo ciclo di autoapprendimento per calcolare i parametri di risposta del sistema. 

I sistemi di controllo che abbiamo visto fino ad ora, semplici o complessi che siano, seguono in ogni caso una logica del tipo IF-THEN-ELSE (in italiano SE-ALLORA-ALTRIMENTI). Vediamo il caso del termoregolatore semplice, la logica sarebbe questa:
IF (“temperatura attuale” minore di “temperatura desiderata”) THEN
        accendi la caldaia
ELSE
       spegni la caldaia

Anche il regolatore più furbo ragiona nello stesso modo, solo che impara a giocare d’anticipo.

Passiamo ora a sistemi che siano davvero intelligenti. Proviamo a definire cosa significa “davvero intelligenti”. Devono saper fare qualcosa che il progettista non sa fare, in un modo che il progettista non sa prevedere. Il primo esempio che mi viene in mente è AlphaGo, il software sviluppato da Google per giocare al gioco del Go, con la speranza di vincere i migliori campioni di questo gioco. Speranza rivelatasi fondata in quanto AlphaGo ha vinto per 5 a 0, nel 2015, contro il campione europeo Fan Hui e poi per 4 a 1, nel marzo 2016 contro il campione coreano Lee Sedol

Cosa rende speciale AlphaGo rispetto ai sistemi che abbiamo visto in precedenza? Il fatto che AlphaGo ha imparato letteralmente a giocare studiando migliaia di partite di Go giocate in precedenza dai grandi campioni. Nel software di AlphaGo non sono state inserite le regole del Go, non è stato creato un algoritmo del tipo IF-THEN-ELSE, non è stata inserita nessuna regola del tipo “se il tuo avversario gioca questa mossa, tu rispondi con quest’altra”. Tutto si è svolto “semplicemente” sottoponendo ad AlphaGo migliaia e migliaia di partite. Studiando le partite AlphaGo ha imparato a giocare, e a vincere. La cosa particolare, rispetto al passato, è che i progettisti di AlphaGo non sono in grado di prevedere quale sarà la prossima mossa giocata dal computer, perché non sono stati loro a progammare gli algoritmi. Loro si sono limitati a programmare un sistema in grado di imparare. Il resto l’ha fatto AlphaGo, da solo. E’ chiaro che AlphaGo è stato pensato, ottimizzato e addestrato proprio per quel tipo di compito. 

Messa in maniera molto rudimentale, una IA altro non è che un tentativo di replica della nostra struttura cerebrale, in cui reti neurali elettroniche cercano di simulare, in modo per ora piuttosto rozzo, le nostre sinapsi. 

Le reti neurali nascono vergini e vengono addestrate, con un meccanismo che si chiama Machine Learning e  Deep Learning. L’addestramento consiste nel mostrare alla IA le situazioni che deve imparare a riconoscere e gestire. Un esempio classico è quello dei riconoscimento di immagini. Alla IA vengono mostrate quantità immense di foto contententi ciò che la IA deve imparare a riconoscere. Nelle reti neurali si formano delle connessioni tanto che alla fine la IA è in grado di di riconoscere anche immagini che non ha mai visto, per analogia a quelle già viste. Se ad esempio addestriamo una IA mostrandogli migliaia di foto di cani di ogni tipo, questa sarà in grado di riconoscere un cane specifico anche se non è mai apparso in nessuna delle foto viste, per analogia. 

Il riconoscimento di immagini è una delle componenti fondamentali delle autovetture a guida autonoma. Un primo modulo software usa le telecamere dell’auto per riconoscere tutti gli oggetti che la circondano: auto, camion, ciclisti, pedoni, segnali stradali, marciapiedi, ostacoli.  In questo video si può vedere una Tesla che guida in modo autonomo. Nelle tre immagini sulla destra si vede l’immagine catturata dalle tre telecamere e l’elaborazione della AI che si occupa del riconoscimento automatico degli oggetti che potrebbero interferire con la guida. 
Un altro modulo software esamina gli oggetti riconosciuti dal primo modulo ed elabora le strategie necessarie per la guida. Entrambi i moduli sono applicazioni di AI, il primo orientato al riconoscimento di immagini, il secondo alla elaborazione delle strategie di guida. Il primo viene addestrato con migliaia di immagini. Il secondo viene invece addestrato facendo inizialmente da “passeggero” mentre guidano autisti umani. La IA “guarda” il comportamento dell’autista e impara. 

Un altro esempio di applicazione della IA è la gestione automatica delle attività ripetitive. La società LoopAI, americana ma fondata da un italiano, crea sistemi in grado di gestire dati strutturati (schedari, database) e non strutturati (foto, audio, moduli scritti a mano) e crea macchine in grado di sostituire l’uomo per fare quei compiti d’ufficio ripetitivi, quali ad esempio il processo per la liquidazione delle pratiche assicurative. La macchina studia tutte le pratiche passate, in cui impiegati analizzano documenti di ogni tipo per capire se una certa pratica assicurativa va liquidata o è una truffa. Dopo un certo tempo di addestramento (settimane) la macchina è in grado di liquidare in pochi minuti (18 minuti) il lavoro che viene normalmente fatto da esseri umani in due anni di lavoro. Questo video spiega molto bene il processo e le sue prospettive.

Un campo in cui la IA sta trovando grandi applicazioni è quello del supporto decisionale ai medici. Il sistema IBM Watson, in passato (2011) usato per giocare e vincere al gioco televisivo Jepoardy! (dal quale è stato tratto l’italiano Rischiatutto). Watson è un computer in grado di capire e rispondere usando il linguaggio naturale, al punto di capire le domande molto criptiche che vengono usate nel gioco Jeopardy!. Oggi Watson viene usato per compiti molto più seri che si spingono fino alla assistenza ai processi diagnostici dei medici. 

Uno dei campi in cui la IA è più utilizzata è il supporto all’analisi della diagnostica per immagini. Ancora una volta alla IA è stato dato in pasto un gran numero di immagini diagnostiche (ecografie, radiografie, TAC, RM) con le relative diagnosi espresse dai medici. Alla fine dell’addestramento la IA è stata in grado di continuare in autonomia, emettendo diagnosi a fronte di una serie di immagini del paziente. 

Tuttti questi sistemi non vanno (per il momento) a sostituire il medico. Sono invece intesi come un ausilio, un aiuto, un supporto. Sarà sempre (per il momento) il medico a confermare o correggere la diagnosi della IA.  Sistemi di questo tipo si stanno sperimentando ovunque nel mondo, anche a casa nostra, all’ospedale di Vimercate.

Il vero punto di svolta dei sistemi AI è che sono automatismi che iniziano in qualche modo ad agire fuori dal nostro strettissimo controllo. Come dicevo prima, i sistemi di automazione classici sono totalmente conosciuti e prevedibili. Conoscendo i dati di ingresso se ne conoscono le azioni di uscita, matematicamente. Quando un sistema di automazione non fa quel che ci si aspetta questo dipende esclusivamente da un errore di progettazione o da un guasto.

I sistemi IA invece si comportano grosso modo come un animale addestrato. Se anche l’addestramento è perfetto, se anche l’animale reagisce come ci aspettiamo, noi non sappiamo davvero cosa succede nella sua testa, non sappiamo esattamente quali sinapsi si attivano, quali circuiti intervengono. Conosciamo, grosso modo, il sistema nel suo complesso. Ma non sappiamo in che modo le informazioni di addestramento sono state metabolizzate. Come dire che non abbiamo la certezza matematica che ad un certo input corrisponda un certo output. 

Questa non è una cosa che ci deve spaventare, così come non ci spaventano il nostro cane o il nostro cavallo. Se li abbiamo addestrati bene abbiamo la ragionevole certezza di saper prevedere quali saranno le sue reazioni. Nel caso di una IA questa certezza è maggiore, perché non ci sono reazioni istintive che possano interferire. Un cane, un cavallo, possono spaventarsi, eccitarsi, adirarsi. E queste reazioni possono interferire con il comportamento atteso. Nel caso della IA queste reazioni semplicemente non esistono. 
Il vero problema è che l’addestramento potrebbe non essere sufficiente, e la IA potrebbe trovarsi in una situazione in qualche modo nuova, che potrebbe gestire in modo errato. Qualcuno forse ricorda l’incidente occorso ad una Tesla in cui il pilota automatico, gestito da una IA, confuse il colore chiaro di un rimorchio con il cielo, e andò a sbattere uccidendo il proprietario. 
C’è da dire che il proprietario aveva inserito la guida automatica e non aveva fatto il suo dovere di supervisione. Viene infatti chiaramente detto che le capacità di guida autonoma di una Tesla devono servire da supporto al guidatore, che deve comunque sempre restare vigile, pronto ad intervenire nel caso in cui l’autopilot dovesse prendere lucciole per lanterne. E’ la stessa cosa che fanno i piloti d’aereo, che attivano il pilota automatico ma non perdono mai di vista gli strumenti e controllano sempre che l’autopilota faccia il suo dovere. 

Questo è qualcosa che dovremmo sempre ricordare, prima di affidare le nostre vite ad una IA. La supervisione umana è insostituibile, proprio perché la IA non è un automatismo totalmente prevedibile. Potrebbe sempre sbagliare. Paradossalmente è proprio il tentativo di riprodurre nella IA alcuni meccanismi del ragionamento dei cervelli animali che rende il loro comportamento in parte imprevedibile. 
E’ per questo che si continua a sottolineare il fatto che i sistemi IA devono servire da supporto alle decisioni umane e non devono in alcun modo sostituirsi agli esseri umani. Una IA potrà essere diabolicamente abile a diagnosticare malattie partendo da sintomi, anamnesi e risultanze di laboratorio. Ma sarà sempre il medico a supervisionare il lavoro della IA e a esprimere il giudizio finale. Così, per lo meno, dovrebbe essere. 
Il rischio è ovvio, l’uomo potrebbe pigramente abituarsi a prendere per buone le decisioni delle IA. 

I rischi e le paure.

Siamo appena all’inizio di questa era, molto ma molto lontani da quella che viene definita AGI (Artificial General Intelligence), in italiano Intelligenza Artificiale Forte, ossia una IA che possa emulare il cervello umano occupandosi di qualsiasi compito con la stessa efficacia con cui oggi le IA “deboli” si occupano solo di compiti specifici. 

Questa prospettiva spaventa molti, perché ricorda da vicino il mito di Frankenstein, che si ribella al suo creatore. Forse, ancora prima, il mito di Prometeo che si ribella a Giove. La letteratura ed il cinema, soprattutto quelli di fantascienza, sono pieni di storie (vedi 2001 odissea nello spazio) in cui le IA, in varie forme, si ribellano ai loro creatori e fanno di tutto per distruggerli. 

Siamo ancora molto lontani da una vera AGI, posto che ci arriveremo mai.  Molto interessante a questo proposito è il libro Superintelligence di Nick Bostrom che riflette molto sulle possibilità e le possibili conseguenze dell’avvento di una AGI. Se ben ricordo lui dice “probabilmente non succederà, ma se dovesse succedere che una IA raggiunga il livello di AGI, correremmo il rischio non accorgercene fino a quando non sarà troppo tardi”. 

A mio parere, il vero rischio dell’avvento delle IA, anche di quelle “mediocri” dei nostri giorni, è che vadano pian piano ad occupare molti dei nostri posti di lavoro.  Gli ottimisti dicono che è sempre stato così, che l’uomo ha sempre avuto paura delle novità tecnologiche, fin dal tempo dei luddisti che nel XIX secolo sabotavano i primi telai meccanici. Ed è sempre successo che le novità tecnologiche (il vapore, l’elettricità, il motore a scoppio) finivano per dare un notevole impulso all’economia aumentando a dismisura i posti di lavoro. Dicono, gli ottimisti, che sarà lo stesso per l’automazione e per l’applicazione delle IA. 

I pessimisti, invece, pensano che l’automazione, soprattutto con l’avvento delle IA, potrà sostiture l’uomo in tutte le posizioni lavorative intermedie, lasciando liberi solo i lavori meno qualificati (pulizie, manovalanza) e quelli più qualificati (management, ricerca scientifica). E’ facile vedere come, in effetti, le fabbriche oggi siano sempre più diventando “black factories” ossia “fabbriche a luci spente” in cui macchinari completamente automatici provvederanno alla produzione dei nostri beni di consumo e in cui la presenza degli umani sarà marginale. 
Nel settore impiegatizio succederà lo stesso, mille forme di IA provvederanno a sostituire man mano l’uomo nelle operazioni d’ufficio più ripetitive. Pochi esseri umani basteranno a sovraintendere e controllare il lavoro di pochi potenti computer in cui una IA farà in pochi minuti il lavoro che prima richiedeva migliaia di ore umane.  

Non so dire se abbiano ragione gli ottimisti o i pessimisti. So solo che un tema del genere dovrebbe essere al centro delle discussioni politiche attuali. Invece pare sia ancora ai margini, relegato in congressi specialistici. 

 

Mussolini ha fatto anche cose buone

Lo sentiamo ripetere sempre. Mi pare addirittura che da qualche tempo questo mantra stia riprendendo vigore. 

Giunge a proposito un libretto velocissimo di Francesco Filippi:  Mussolini ha fatto anche cose buone: Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo di cui raccomando a tutti la lettura, soprattutto a chi è convinto che il ventennio sia stato una specie di età dell’oro. 

Si legge in un batter d’occhio e libera il campo dai luoghi comuni sui “miracoli” del fascismo. 

Non è mia intenzione rubare il lavoro a Filippi, ma due o tre cosuccie le voglio sintetizzare in questo post.  Non c’è niente di nuovo o di strabiliante. Sono cose che chi vuole può trovare facilmente, e Filippi fa a tal proposito un ottimo lavoro di bibliografia, 

Il Duce ha dato la pensione agli italiani?

Il primo sistema pensionistico fu introdotto in Germania da Bismark, nel 1888. La sua iniziativa fu man mano introdotta dagli altri paesi dell’Europa industriale. In Italia fu Crispi, nel 1895, ad introdurre i trattamenti pensionistici per impiegati pubblici e militari. Poi, nel 1898, il governo Pelloux estese la copertura ad altre categorie di lavoratori e fondò la “Cassa nazionale di Previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”. Le lotte operaie degli anni successivi ottennero di estendere le protezioni alle maggiori categorie di lavoratori. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1919, altre riforme introdussero altre protezioni e l’adesione delle aziende alla “Cassa” divenne obbligatorio. 
E allora il Duce cosa c’entra? Molto poco in realtà. Accentrò tutto sotto il controllo dello stato, cambiò nome alla Cassa trasformandola in “Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale”, assunse un numero spropositato di impiegati, tutti di estrazione fascista, giungendo ad avere la bellezza di 8000 impiegati, un’enormità rispetto ai tempi. L’INFPS inaugurò il periodo in cui bastava dimostrare di essere fascista della prima ora (legge 782 del 1939) per avere diritto ad essere assunto dalla pubblica amministrazione. Questo scatenò la caccia ad improbabili patentini di “squadrista doc”. 

Il Duce ha dato la 13ma agli italiani?

Mica tanto. La gratifica natalizia era già abitudine, se pur informale, in molti paesi europei, Francia e Germania in testa. Il Duce la lasciò per lungo tempo alla scelta volontaria degli impenditori. Fu solo nel 1937 che venne inserita in una norma di legge riguardante il contratto collettivo dei lavoratori dell’Industria. Ma….. bilanciata dallo straordinario obbligatorio che poteva estendere l’orario di lavoro fino a 12 ore. I lavoratori non potevano rifiutare gli straordinari, il lavoro festivo e quello notturno.  

Il Duce ha bonificato le paludi?

Forse un po’. Ma non ha inventato niente. Furono già i romani ad affrontare questo problema. Poi il papato, nel Quattrocento. Poi il Regno d’Italia, con una legge ad hoc nel 1878 e più avanti nel 1905 e nel 1922. Nessuno di questi interventi fu però risolutivo. Il Duce ebbe il merito di coordinare gli sforzi e di fare una serie di leggi che stanziavano ficre iperboliche, soprattutto nel futuro. Ma i risultati furono molto inferiori alle attese. Cominciò nel 1923 promettendo di recuperare all’uso agricolo 8 milioni di ettari. Dopo 10 anni dichiarò trionfante di averne recuperati 4 milioni, ma un’analisi più approfondita dimostra che si trattava in realtà di 2 milioni di ettari di cui 1,5 milioni erano il risultato degli interventi già avviati in epoca prefascista. Risultato netto dello sforzo: 0.5 milioni di ettari sugli 8 promessi. Non molto, a dire il vero. 

E l’elenco continua, ma non vi voglio togliere il piacere di leggere il libro di Francesco Filippi. Mi limito ad elencare gli argomenti:

  • Edilizia popolare
  • Urbanistica e trasporti
  • Gestione delle emergenze
  • Giustizia e legalità
  • Sconfitta della mafia
  • Economia
  • IRI
  • Condizione femminile

Per ognuno di questi punti Filippi dimostra quanto i presunti meriti del Duce siano in realtà privi di consistenza e frutto di abile comunicazione mediatica. 

 

 

25 aprile

E’ appena passato il 25 aprile, eterna fonte di polemiche in questo nostro paese sempre diviso in due parti.  Almeno in due parti.

Tempo fa forse avrei potuto dire “diviso a metà”. E, anzi, ricordo tempi in cui la torta era divisa in modo diverso, e la giornata del 25 aprile mobilitava folle ed emozioni in proporzioni decisamente diverse.

Oggi ho l’impressione che le proporzioni siano cambiate, e che sia prevalente un senso di disinteresse, di stanchezza, di noia. Cheppalle il 25 aprile!

No, non la penso così. Resto dell’idea che non si debba dimenticare.

C’è chi dice “basta con questa divisione fra fascisti e antifascisti! Sono cose passate, bisogna guardare avanti, superare questa divisione”. E sarebbe come dire che occorre perdere la memoria, dimenticare la storia. 

Per inciso, c’è anche chi dice la stessa cosa per la giornata della memoria. Dicono, anche in questo caso, che si tratta di fatti ormai passati.

No, non si deve dimenticare. Non si devono dimenticare i campi di concentramento e non si deve dimenticare il giorno in cui finalmente siamo usciti da un’epoca buia.

Lo so, lo so. Ci son quelli che dicono che l’epoca del fascismo non era poi così buia. E che Mussolini “ha fatto anche cose buone”. E via con l’elenco delle “cose buone del fascismo”: le pensioni, la tredicesima, le bonifiche e via elencando luoghi comuni per lo pù infondati. 

Sulle “cose buone del fascismo” si può discutere a lungo, e chi vuole può leggere in questo post qualcosa a riguardo. Ma prima mi preme sottolineare un punto sul quale comunque non ci può essere discussione, sono fatti incontrovertibili.

Il fascismo era una dittatura illiberale. Censura sulla stampa, sull’informazione. Divieto di manifestazione, di associazione. Estromissione dalle funzioni pubbliche di chiunque non fosse iscritto al partito. Persecuzione fisica degli oppositori e degli ebrei. Impossibilità di scegliere i propri rappresentanti ed amministratori a qualsiasi livello. Molti di coloro che oggi guardano con nostalgia a quel periodo oggi sarebbero i primi a finire sotto il maglio della repressione. Usano oggi una libertà di critica che a quel tempo avrebbe significato carcere e persecuzioni di ogni tipo. 

Ma, dicono, la rinuncia alle libertà borghesi era un prezzo ben misero rispetto ai grandi vantaggi che il fascismo offriva ai cittadini. E, a sostegno di questa affermazione, ripetono a memoria l’elenco delle cose buone del fascismo. 

Ma vale davvero la pena di svendere la propria libertà per una lista di vantaggi materiali? 

Si, lo so, vi sento obiettare che mai come sotto il fascimo l’Italia era rispettata, studiata, ammirata in tutto il mondo. E gli italiani erano, solo allora, orgogliosi di essere italiani. Facile rispondere che molto dipendeva dall’abile gestione dei processi di comunicazione. Il governo controllava in modo rigoroso la macchina della comunicazione e del consenso, fornendo anche all’estero l’immagine di una nazione forte, organizzata, produttiva. Quanto di quest’immagine fosse reale e quanto frutto invece di una abile orchestrazione mediatica è compito su cui si sono cimentati gli storici di ogni tendenza.

Resta il fatto che repressione, carcere e persecuzioni non erano un’opinione. Erano la realtà di ogni giorno per chi voleva esprimere il proprio parere fuori dal coro. O, banalmente, per chi aveva subito il fato di nascere ebreo. 

E, soprattutto, le sorti della nazione erano nelle mani di una persona sola. Questo succedeva in Italia, in Germania, in Russia e nei satelliti dell’Est. E in tutti questi posti il tributo di sangue, di reperessione e di persecuzione è stato terribile.

Questo vuol dire 25 aprile. Vuol dire ricordare che la libertà è, come ha detto giustamente il PdR Mattarella, un bene assoluto. Svendere la propria libertà in cambio di vane promesse di stabilità e benessere significa preparare la strada a persecuzioni, repressioni, discriminazioni e sofferenze. E’ questa mia una affermazione arbitraria? No, onestamente penso di no. Chi pensa il contrario mi faccia il nome di una dittatura che non sia finita nel sangue, che non abbia oppresso e perseguitato proprio quel popolo che pretendeva di difendere. Nessuna dittatura di quelle passate, alla resa dei conti, può superare questo semplice filtro. Tutte hanno limitato le libertà personali, hanno perseguitato, incarcerato, ucciso gli oppositori e non solo quelli. Partite, forse, con buone intenzioni, sono tutte finite in un bagno di sangue. Tutte, qualunque fosse la matrice politica iniziale.

Le democrazie sono imperfette. Il potere economico le condiziona pesantemente, la corruzione le devasta. L’inefficienza le inchioda pesantemente a terra, rendendo difficile il lavoro di chi vorrebbe produrre ricchezza per se e per gli altri. 

Ma viviamo in un mondo imperfetto, specchio di noi esseri umani schiavi delle nostre egoistiche pulsioni. La democrazia è il miglior antidoto a queste imperfezioni. Un antidoto imperfetto, ma la storia dell’uomo, soprattutto quella recente, non registra esperienze riuscite che non siano finite nel dolore sangue. 

Nella democrazia, per quanto imperfetta, ci scegliamo in qualche modo i nostri rappresentanti. Li votiamo. Certo, i centri di potere fanno di tutto per piegare la democrazia, per snaturarla, per condizionarla. Ci impongono candidati che non ci piacciono. Liste bloccate, candidati paracadutati. Quelli che da qualche tempo vengono chiamati “poteri forti” (i poteri o sono forti o non vale la pena di citarli) fanno di tutto per piegare le democrazie ai loro interessi. Ovvio. Ma quale sarebbe, allora, l’alternativa?

Oggi, aprile 2019, vedo molti invocare l’arrivo dell’uomo forte, dell’uomo della provvidenza, di colui con con mano ferma sappia prendere il timone e portare il nostro paese verso un luminoso futuro. E invocano Salvini a piena voce, come i loro padri e nonni invocavano il nome del duce. 

Ma chi sceglie l’uomo forte? E con quale meccanismo? Mussolini, tanto per restare in Italia, è stato scelto dalla democrazia. Da quel poco di storia che ricordo, è arrivato in parlamento nel maggio 1921 . Discorso analogo per Hitler, che entrò nel  Reichstag nel 1930. 

Ma oggi, 25 aprile 2019, quale sarebbe la proposta politica di coloro che hanno in odio la democrazia e che invocano l’arrivo di un dittatore? Come propongono di effettuare la selezione? Vinca il più forte? Si veda al proposito come Stalin, il più forte, vinse la lotta per il potere contro  Trockij, Zinov’ev, Kamenev e Bucharin. E si valutino le conseguenze di questa vittoria del più forte.

Signori, la democrazia vi fa schifo, sognate che qualcuno (non certo voi, che preferite le calde poltrone) entri in parlamento con la forza e mandi all’altro mondo qualche parlamentare a casa. Ma cosa proponete in concreto, in alternativa a questa imperfetta democrazia?

Il 25 aprile questo è: la memoria di un periodo in cui, in Italia e altrove, la demorazia era stata offuscata e vilipesa di chi aveva preso il potere con la forza, con la forza aveva ridotto al silenzio e poi eliminato chiunque dissentisse dal pensiero unico. E con la forza aveva portato la nazione alla rovina.

Oggi protestate contro questo stanco 25 aprile.  Ma se lo potete fare è solo perché un 25 aprile c’è stato. 

Dimenticavo:

Molti vivono con fastidio questa data perché “de sinistra”. Ma è una scusa miserabile. Il 25 aprile è la festa dell’uscita da un tunnel di disperazione. E la festeggiano tutti, per lo meno quelli che non hanno nostalgie fasciste. Loro avrebbero probabilmente preferito che l’esito della guerra fosse stato un altro. Si mettano l’animo in pace.  Oppure attendano che l’oblio dilagante, l’ignoranza, la perdita del senso della storia, finiscano per svuotare questa ricorrenza. Quanti dei nostri giovani sanno, almeno per sommi capi, cos’è successo 74 anni fa?

Poi ci sono le sterili polemiche sul fatto che i partigiani si siano addossati il merito di una guerra vinta da altri, che il loro contributo alla disfatta di fascisti e nazisti sia stato irrilevante. E che a causa loro siano stati uccisi dai nazifasi numerosi civili innocenti. La storia si divide nella valutazione di alcune azioni violente nei confronti dei nazisti, le valutazioni non sono univoche e chissà se si arriverà mai ad un bilancio sereno. Certo è strano pensare di restarsene buonini buonini a casa mentre un esercito occupante mette a ferro e fuoco il nostro paese, razziando e uccidendo. Ci saranno state, certo, strategie politiche in tutto questo, in vista della spartizione del potere dopo la fine della guerra. Ma resta il fatto che non so quanti di quelli che oggi danno fiato alle trombe contro il 25 aprile sarebbero rimasti buoni e calmi a vedere i nazisti  e i fascisti spadroneggiare ancora con violenza e brutalità. O forse si, forse sarebbero rimasti rintanati in casa come topi. O, magari, sarebbero stati loro dalla parte dei fascisti. 

E infine, il 25 aprile non è il Santo Graal, non è la reliquia che guarisce tutti i mali. I cretini ci sono sempre anche quel giorno. I cretini che fischiano i partigiani ebrei, quelli che (è successo!) fischiano la Moratti e suo padre in carrozzella. Ci sono i cretini che si sentono padroni ed unici eredi del 25 aprile. Questo nulla toglie al significato di questa data.