25 aprile 2009

25 aprile

Ho sentito tante parole sul 25 aprile. Discorsi complicati, che fatico a seguire.
A me pare che si voglia complicare un discorso semplice.
Mussolini si era alleato con Hitler, e ne condivideva le idee totalitarie e razziste.
Gli italiani per lo più hanno seguito Mussolini, come le pecore seguono il pastore.
Poi la guerra ha aiutato la maggior parte degli italiani a capire in che orrore erano caduti.
Nel 43 l'armistizio ha dato agli italiani l'occasione per cercare di rimediare al disastro.
Qualcuno si è limitato a tornare a casa o a leccarsi le ferite.
Qualcuno ha deciso di rischiare la propria vita per dare una mano a cacciare i tedeschi.
Qualcuno ha deciso di restare fedele alle proprie idee e di lottare ancora al fianco dei tedeschi.
Sono scelte che ognuno fa, e delle quali si assume la responsabilità.
Il 25 aprile la maggior parte delle città italiane furono liberate dall'occupazione nazista. La resa incondizionata dell'esercito tedesco fu il 29 aprile.
Dall'8 settembre '43 al 25 aprile '45 si fronteggiarono, in Italia, due fazioni. Da un lato i nazisti sostenuti dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana. Dall'altro lato gli eserciti alleati con l'appoggio interno dei partigiani di ogni colore.
Chi stava con i nazisti ne condivideva gli ideali, la politica, la cultura. E si assumeva indirettamente la responsabilità di tutti gli orrori.
Dall'altro lato c'erano quelli che si erano svegliati da un sonno durato vent'anni, o che erano antifascisti da sempre. Che, contrariamente agli altri, credevano nei valori di democrazia e libertà.
Il 25 aprile vinsero gli uni contro gli altri. Non possiamo far finta che non sia successo. Il 25 aprile non può diventare la giornata "di tutti". C'era una grande differenza fra le due parti. Non è che si uccidessero l'un l'altro per caso, per errore, per distrazione.
Chi stava dalla parte di Mussolini e Hitler difendeva quel mondo, quell'esperienza, quel ventennio. Difendeva la dittatura, l'assenza di libertà politica, la persecuzione o l'uccisione degli oppositori, la persecuzione ed il massacro degli ebrei.
Non era per caso che si sceglieva una parte o l'altra.
Certo, qualcuno era molto giovane, e da entrambi i lati non aveva le idee molto chiare. Ma gli altri, la gran parte, sapevano benissimo quel che facevano. Da una parte e dall'altra.
Oggi non si può far finta di dimenticare, e rivendicare il 25 aprile come una festa collettiva, di tutti gli italiani.
No.
Il 25 aprile è la vittoria di chi credeva nella libertà contro chi credeva nella dittatura.
Il 25 aprile è la commemorazione di chi, in questa battaglia, ha perso la vita combattendo contro la dittatura, contro il nazismo ed il fascismo.
Non si può, non oggi, celebrare indistintamente tutti i morti di quel periodo. Non si può, per comodità politica, dimenticare il vero significato di quel giorno.
Chi ritiene che quel giorno sia stato un giorno funesto, un giorno da dimenticare, chi ancora oggi si richiama alla cultura che quel giorno fu definitivamente sconfitta, dovrebbe avere il pudore di non partecipare a queste commemorazioni.
Oggi a Cassano d'Adda è stato festeggiato il 25 aprile, come ogni anno.
C'è stato un bellissimo discorso di Giancarlo Villa, presidente della locale sezione dell'ANPI.
Ha poi preso la parola il sindaco Edoardo Sala. Ma non saprei dire cos'ha detto. Leggeva sottovoce e senza partecipazione parole che si perdevano nel vento senza lasciare traccia. Ho solo notato che, in modo del tutto incongruo, è riuscito ad inserire nelle sue parole il nome del Presidente del Consiglio, noto estimatore della resistenza. Chissà a che titolo. Chissà perchè.
C'era l'assessore alla cultura Albano. Si. Quello stesso Albano di Alleanza Nazionale, che non ha mai fatto mistero delle sue simpatie fasciste. Che poche ore prima, su Facebook, scriveva: "Penso che se togli il 25 aprile alla sinistra non rimane loro nient'altro. Ecco perchè tutti gli anni ne fanno un caso."
Confonde la resistenza con la sinistra. Dimenticando che nella lotta contro i "suoi" fascisti c'erano cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici. Era li, l'assessore alla cultura Albano, un po' defilato. A "celebrare" anche lui non si sa cosa, visto che le sue dichiarate simpatie sono sempre state per la parte che ha perso. Lo si vede nella foto, un po' in ombra, occhiali neri, camicia scura (nera?), fra il vicesindaco Conforti e l'assessore Lomini. Sembra davvero uno che si chiede "Ma che ci sto a fare qui?". Ce lo chiediamo anche noi, Assessore, ce lo chiediamo anche noi.
Ultima notazione: c'era tanta gente, anche giovani. C'era la banda. Ma come mai, dico, come mai la banda ha suonato una marea di inutili marcette e non ha suonato le canzoni della resistenza? Era o non era il 25 aprile? Mah! Miracoli che succedono quando la destra, il 25 aprile, commemora non si sa cosa.

Etichette: , , ,

18 gennaio 2009

La politica è morta?

Mi dibatto spesso, ultimamente, nel tentativo di trovare il pensiero illuminante, la definizione finale, la frase o il pensiero che mi permetta di definire cosa è la destra, in cosa si differenzia dalla sinistra, perché è insensato il tentativo di chi dice che destra e sinistra sono vecchi arnesi arrugginiti del secolo scorso.
In questo periodo, spesso e volentieri sento ripetere questo concetto: "non ha più senso parlare di destra e di sinistra. Dobbiamo fare un passo in avanti, lasciarci alle spalle questi concetti vecchi, legati alle ideologie del secolo scorso, che hanno fatto tanti danni, hanno causato milioni di morti, e non hanno migliorato di un grammo le nostre vite".
La teoria sarebbe affascinante, ma secondo me non sta in piedi.
Ne ho avuto la prova l'altra sera, mentre ero a cena con i miei più vecchi amici.
Siamo scivolati, come sempre, a parlar di politica. Si parlava dei bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza. Uno dei miei amici, spazientito, ha detto che si, facevano bene gli israeliani. Avrebbero dovuto bombardarli tutti, senza pietà, e cancellare il problema palestinese alla radice.
Abbiamo tentato, in due, di introdurre altri elementi nel discorso. Di spiegare la difficoltà di chi, nel corso della sua stessa vita, ha visto arrivare un popolo estraneo, e l'ha visto prendere possesso del proprio territorio. Di chi è nato da pochi anni in un posto senza speranza, senza lavoro, senza libertà di andare a scuola, all'ospedale, senza poter uscire dalla propria città per andare a coltivare i propri campi. Abbiamo tentato, senza riuscire, a spiegare anche le ragioni dell'altro.
Lui riusciva a vedere solo le giustissime ragioni di chi ha dovuto subire, per decenni, il terrorismo e le aggressioni di eserciti confinanti che negano il suo diritto all'esistenza. Accusando il popolo di non sapersi ribellare a governanti-terroristi.
Non voglio qui analizzare la questione palestinese, non ne avrei la capacità e la competenza. Ma quella serata mi ha lasciato la sensazione di una profonda incomunicabilità fra due diverse concezioni di percepire il mondo e i problemi della gente. In ogni conflitto si stabiliscono in maniera quasi automatica due posizioni.
Se si parla del conflitto arabo-israeliano, viene automatico schierarsi da una parte o dall'altra.
Se si parla della tragedia della thyssen, c'è chi si schiera automaticamente dalla parte dei lavoratori. E c'è chi invece, nonostante la drammaticità della situazione che sembra commentarsi da sola, riesce a trovare i motivi per mettersi dalla parte dei dirigenti industriali. A questo proposito, sul sito web del quotidiano ilGiornale, ho trovato commenti di chi diceva che "la colpa è dei sindacati che esercitano forti pressioni per impedire la chiusura delle aziende. I dirigenti, messi sotto pressione, sono costretti a tenere aperte le aziende risparmiando sulla sicurezza e sulla manutenzione". Giuro.
Per questo penso ormai che ci sia proprio una struttura mentale, che impedisce di vedere le ragioni dell'altro e che ci fa schierare a favore dell'una o dell'altra parte.
Io sono terrorizzato da questo meccanismo, perché non vorrei trovarmi, da sinistra, ad ignorare le ragioni dell'altro. Penso che questa incapacità rappresenti in ogni caso una sconfitta.
Ma ad ogni modo non rinuncio a schierarmi, politicamente, a favore dei più deboli, di quelli che fanno più fatica a vivere. Cercando di non perdere di vista le ragioni degli altri, che pure esistono.
Per questo non riesco ad accettare il discorso di chi vorrebbe abolire la stessa idea di questa differenza. Non è vero che destra e sinistra sono categorie obsolete. Non lo sono e non lo saranno finché ci saranno i forti e i deboli. Finché i più intelligenti e capaci o magari solo ricchi saranno in grado di organizzare il lavoro dei meno dotati, meno forti, o magari semplicemente più poveri.
Ci saranno sempre stratificazioni sociali. E i rapporti fra le stratificazioni sociali avranno sempre una componente conflittuale. E ci sarà sempre bisogno di una mediazione fra due parti, di un qualche meccanismo per comporre i conflitti. Vetero marxismo? Può darsi. Infatti penso che quegli strumenti di analisi siano ancora del tutto validi, e che varrebbe la pena di prendere gli scritti di allora e dargli una rispolverata.
Oggi, invece, c'è chi tenta di proporsi come soluzione ai problemi di tutti. Sono proprio coloro che ci raccontano che la destra e la sinistra sono concetti superati. Ci sono parti politiche che ci dicono "vota per me, io saprò prendermi cura delle tue esigenze, qualunque esse siano". Non è vero. Una parte politica può, certo, saper dare un impulso positivo alla nazione. Creando una ricchezza che ricade su tutti. Ma questo può essere vero solo in momenti di particolare difficoltà. Normalmente c'è bisogno di un rapporto dinamico, anche conflittuale, fra diverse e contrastanti esigenze. Gli interessi dei lavoratori non saranno mai gli stessi degli imprenditori. E nessuna delle due parti saprà calarsi così bene nelle vesti dell'altra parte, per capirne i profondi bisogni e farsene carico. Difficilmente l'imprenditore saprà capire i bisogni del lavoratore fino in fondo. Tenderà sempre a sottovalutarli e a sopravvalutare i propri. A volte esisterà proprio il problema di non riuscire a conoscere i bisogni dell'altro. I lavoratori, ad esempio, difficilmente potranno capire tutte le difficoltà di creare un'azienda, di gestirla, di doversi confrontare con le normative ingestibili, con le difficoltà di ogni tipo. L'imprenditore conosce tutte queste difficoltà, ma tende a sopravvalutarle e nel frattempo a sottovalutare le difficoltà di vita di chi deve tirare avanti la famiglia con 800-1000eu al mese. Non basta immaginare. Bisogna proprio provarci. O quanto meno vivere a diretto contatto con chi vive queste difficoltà, toccare con mano cosa significa non andare dal dentista per poter pagare i libri dei ragazzi, o fare la spesa al discount, dove si sa che la qualità del cibo è scarsa, perchè altrimenti non si tira la fine del mese. Chi vive in maniera agiata, senza problemi di sopravvivenza, non può calarsi nei panni dell'altro.
E non credo possa esistere una parte politica in grado di farsi carico dei problemi di entrambi. Anche perchè, banalmente, le parti politiche vivono, o dovrebbero vivere grazie al sostegno economico degli strati sociali che rappresentano. La destra, da sempre, rappresenta il mondo degli industriali, dei professionisti, di quelli che, con grande approssimazione, potremmo chiamare "i forti". Costoro, ovviamente, si aspettano dalla destra la difesa delle loro istanze.
Per la sinistra dovrebbe valere lo stesso concetto. La sinistra dovrebbe ricevere supporto e finanziamenti dai "deboli". Tipicamente dai lavoratori. E rappresentarne le istanze.
Vero è che tutto questo sta cambiando, nel senso che i lavoratori, come li intendevamo, stanno scomparendo. La terziarizzazione sta trasformando i lavoratori in padroncini, dando loro l'illusione di essere altrettanti piccoli industriali. Privandoli, in realtà, dei loro diritti, senza dar loro alcun vantaggio. E infatti assistiamo ad un momento di confusione in cui sono proprio i lavoratori a votare in buon numero per la destra. E' un momento di confusione di ruoli in cui la sinistra cerca di invadere il campo della destra, scalando le banche, stringendo strane alleanze con alcuni settori del mondo industriale. E in cui la destra si propone come paladina delle istanze dei ceti più deboli. A me pare che tutto questo generi una confusione in cui rischiamo di perdere la bussola delle appartenenze.

Etichette: , ,